Giovedì 20 aprile 2023, alle ore 17.30, presso la sede dell’Archivio Vincenzo Pirro a Terni (Via dei Castelli, 34), verrà presentato il volume di Vincenzo Pirro, Il Partito Comunista a Terni. Dalla clandestinità al governo della città (2020). Ne discuteranno: Rodolfo Sideri, storico e saggista, e Danilo Sergio Pirro, presidente dell’associazione Amici della Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice di Terni.
Dal 20 ottobre a Terni: le iniziative dedicate a Benedetto Croce
A partire dal giorno 20 ottobre a Terni si terranno una serie di iniziative culturali dedicate al filosofo Benedetto Croce, nel settantesimo anniversario dalla morteIl giorno 20 presso la biblioteca comunale di Terni alle 17,00 si terrà il convegno dal titolo: FILOSOFIA E POLITICA IN BENEDETTO CROCE ricordando Vincenzo Pirro con il seguente programma Saluti: Prof. Aldo Meccariello Centro per la Filosofia Italiana Prof. Tiziano Sensi Benedetto Croce nella storia del Novecento Prof. Hervé A. Cavallera La filosofia di Croce nella lettura di Vincenzo Pirro ************************** Il giorno 21 e 22 ottobre, con sessioni mattutine e pomeridiane, si terrà sempre presso la biblioteca comunale di Terni il Convegno dal titolo : IMMAGINI DI BENEDETTO CROCE NELLA STORIA CIVILE E CULTURALE ITALIANA Il convegno, organizzato del Centro per la filosofia italiana (www. “Vincenzo Pirro”, intende ripensare la complessa eredità di Croce nella storia politica e culturale del nostro paese. I lavori delle giornate di studio si muoveranno sull’asse Croce e …ovvero l’incontro di Croce con i grandi esponenti del pensiero filosofico storico, letterario, politico, antropologico del suo e del nostro tempo. A dibattere interverranno importanti filosofi italiani e studiosi di varia provenienza tra cui H. Cavallera, F. Lomonaco, G. Casale, P. Armellini, A. Nave, P. Giustiniani, R. Giannetti, G. Sangiuliano, O. Franceschelli ed altri. **** Per chi non potrà partecipare direttamente al convegno è prevista una diretta Youtube Qui di seguito il link per seguire il convegno in diretta Youtube:
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Terni, il 21 novembre presentazione del volume “L’unica via è il pensiero”
Il giorno 21 Novembre 2019, alle ore 17,00 presso l’Archivio di Stato di Terni, sarà presentato coordinato, dell’Associazione Amici della Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice, il volume in memoria di Vincenzo Pirro, “L’unica via è il Pensiero”.
Il volume è stato curato dal prof. Hervè A. Cavallera, membro del comitato scientifico della Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice.
Il programma della presentazione sarà il seguente:
Saluti:
Dr. Andrea Giuli, Vicesindaco del Comune di Terni
Dr.ssa Cecilia Furiani, Direttrice dell’Archivio di Stato di Terni
Interventi:
Prof. Hervè Antonio Cavallera, Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice
Prof. Roberto Stopponi, già docente del Liceo “Tacito” di Terni
Arch. Danilo Sergio Pirro, Amici Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice
L’unica via è il pensiero, omaggio a Vincenzo Pirro
Nel decennale della prematura scomparsa, estimatori e amici hanno deciso di rendere omaggio a Vincenzo Pirro (1938-2009), con un volume collettaneo che, seguendo diverse tracce, ripercorre gli interessi del grande studioso che ha onorato la cultura italiana operando a Terni, sua città d’adozione.
Il volume – L’unica via è il pensiero – esce con la cura del professor Hervé A. Cavallera e grazie alla dedizione dell’architetto Danilo Sergio Pirro, che guida la delegazione umbra dell’Associazione Amici della Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice e ha curato la postfazione.
Cavallera, membro della Commissione scientifica della Fondazione e del Comitato scientifico dei suoi “Annali”, nell’introdurre il volume, sottolinea come gli sia <sempre rimasta nei […] ricordi la sua osservazione che se lo storico ha una formazione speculativa l’indagine non può che volgersi al meglio, e Vincenzo Pirro è stato filosofo e storico, segnalandosi altresì come instancabile organizzatore di convegni. In fondo, è sempre stato fedele, sotto tale profilo, al taglio storico/teoretico che egli ha ricevuto dalla scuola neoidealistica entro cui il suo pensiero si inserisce anche mediante i rapporti personali con Ugo Spirito, Luigi Volpicelli, Salvatore Valitutti>.
<Come filosofo e storico della filosofia – chiarisce Cavallera – la ricerca di Vincenzo Pirro si è svolta particolarmente all’interno del pensiero neoidealista ed egli ha saputo lasciare contributi che contano nella letteratura critica pertinente. Come cultore di storia patria i suoi interessi di studioso si sono estesi dal Risorgimento alla storia contemporanea, indagando temi poco trattati e talvolta omessi, sempre in nome di una chiarificazione che servisse alla conoscenza della verità>?
<Il testo, infatti, – si legge nella prefazione – è diviso in due sezioni, una di filosofia e l’altra di storia, rispecchiando le materie che Vincenzo Pirro ha prediletto. La sezione filosofica comprende contributi su filosofi (Gentile, Spirito, Calogero) a cui Pirro è stato legato. La sezione storica, assai articolata, oltre a studi di analisi politica (collegio elettorale di Terni, missione militare in Germania) affronta luoghi e monumenti di grande interesse (Villa Palma, il monastero delle Clarisse di Montecastrilli, la fontana di Piazza Tacito e così via), facendo anche emergere personaggi di un passato lontano (Antonello di Stroncone, Bonifacio VIII, i Nicoletti e tant’altro). Infine, sì che la Persona onorata non sia estranea nel libro che gli è dedicato, un inedito di Vincenzo Pirro>.
Il volume presenta contributi di: Sara Durantini, Tiziano Sensi, Rodolfo Sideri, Roberto Stopponi, Marco Angelosanti, Massimo Bartolini, Sergio Bini, Marco Corradi, Francesco Canali, Stefano Fabei, Valentina Leonelli, Corrado Mazzoli, Vincenzo G. Pacifici, Erika Persichetti, Roberto Rago, Cristina Ranucci, Marco Squadroni, Matteo Rossi, Francesco Pezzuto.
Il volume sarà presentato nelle prossime settimane a Terni.
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L’unica via è il pensiero. Scritti in memoria di Vincenzo Pirro
a cura di Hervé A. Cavallera
https://www.intermediaedizioni.it/
Orvieto 2019, pp. 632.
Filosofia e politica in Giovanni Gentile
Vincenzo Pirro, Filosofia e politica in Giovanni Gentile, a cura di Hervé A. Cavallera, Aracne, Roma, 2017
//Nella generale ripresa degli studi su Giovanni Gentile, un contributo di grande interesse viene da un volume postumo di Vincenzo Pirro, studioso del filosofo di Castelvetrano e allievo di Ugo Spirito, che altri lavori ha dedicato all’attualismo, tutti caratterizzati da profondità di analisi e rara capacità di utilizzo dei testi. Filosofia e politica ha il merito di utilizzare i termini in questione non come una diade, ma di comprenderli come due facce dell’attualismo, che è politica in quanto filosofia e filosofia in quanto politica. Politica non nel senso della partigiana militanza di parte – nemmeno negli anni dell’adesione al fascismo – quanto della necessità di ripensare lo Stato attribuendogli quella sostanza etica che ne faccia l’autentico rappresentante della comunità. Uno Stato così concepito è uno Stato “filosofo”, uno Stato “educatore”, al quale non può essere estranea la dimensione spirituale e religiosa dell’esistenza e dell’esistente. Pirro coglie la continua circolazione, nel pensiero di Gentile, di politica, educazione e religione che è alla base del progetto attualista di un’identità politico-religiosa che, pur restando nell’alveo cristiano e cattolico, si profila come una riforma orientata a restituire alla religione la serietà del pensiero e al pensiero la sacralità della religione. Gentile, infatti, è il filosofo che ha riportato la metafisica nel tempio della nazione, affinché lo Stato si spiritualizzi e la nazione si educhi secondo un grande progetto insieme politico e religioso. Se il tema è hegeliano, il terreno di coltura è diverso, muovendosi Gentile nel cattolicesimo (contro) riformato e non nell’ambito del rigoroso monismo teistico del luteranesimo, cosicché la divinità che il filosofo intende restaurare è quella rivelata nel Nuovo Testamento, «centrato sulla figura del Cristo che redime l’uomo dalla natura e gli dà il vigore della libertà spirituale» (p. 42). Se la riforma politica è religiosa, quella religiosa è politica nel momento in cui restaura l’autentico cristianesimo nel cuore dello Stato, consentendogli di alimentare l’azione politica. Quasi novello Gioacchino da Fiore, Gentile annuncia l’età nuova, l’età dello Spirito, la nuova civiltà degli uomini contro la natura; civiltà che apre lo spazio al dominio tecnico. Al Dio ebraico, ferocemente estraneo all’uomo, egli rivendica il Dio dell’Uomo che si fa uomo, la nuova alleanza da cui deriva la creatività dello spirito umano che il filosofo chiama “atto puro”.
Il cristianesimo di Gentile è una religione demitizzata, ovvero sottratta alla sovrastruttura materiale, che esalta il suo senso di religione prometeica, eroica, in cui il Figlio si oppone al Padre per amore degli uomini. Sottrarre alla religione il suo materialismo, i suoi miti, comporta rifiutare la trascen- denza irrelata, perché la sussistenza di Dio senza l’uomo significa la sussistenza dell’oggetto senza il soggetto, che consegna l’uomo alla passività del dato. «La riforma della religione e la riforma della filosofia sono, per Gentile, due operazioni complementari, come sono complementari ragione e fede» (p. 46). Cristianizzare vuol dire spiritualizzare, interiorizzare l’oggetto che in ambito politico ed educativo si identifica con lo Stato e con la scuola: l’assoluto è il momento istituzionale: interiorizzarlo significa sottrarsi al momento coercitivo per sostituirlo con il consenso. La metafisica riportata nel sacrario della nazione è quella del soggetto e della mente, per la quale il pensiero è assoluta soggettività che tesse la trama dell’universo e fuori della quale non sussiste una realtà oggettiva. Cosicché, la filosofia gentiliana, nell’appassionata lettura di Pirro, si configura come itinerarium mentis in Deum, dove il realismo ingenuo e la trascendenza, lo scarto tra essere e dover essere, sono superati in nome di un’immanenza che riconduce Dio nella coscienza. Combattere il realismo, sul piano politico, significa combattere il democratismo sul piano della cultura e della mentalità, col proposito di riannodarsi alle scaturigini del pensiero risorgimentale e all’azione politica della Destra storica. Sempre con la chiara coscienza che il realismo non si combatte negandolo, ma assorbendolo nello stesso idealismo, attraversandolo come momento, che proprio per questo è continuamente risorgente, ogni volta, dalla profondità dello stesso pensiero. È il momento in cui la religione pone Dio in un cielo lontano dalla nostra esperienza; è il momento in cui la scienza presup- pone una natura indipendente dalla mente che la conosce; nel combattere il realismo, «la filosofia partecipa alla riscossa del sentimento religioso, che è ribellione contro rappresentazioni materialistiche del divino, e sforzo di inte- riorizzazione e di approfondimento spirituale» (p. 58). Per Gentile, la filosofia è il supremo grado di consapevolezza dello spirito umano nel suo storico divenire e il suo oggetto è lo stesso spirito in quanto attività, formazione. La filosofia è quindi fin dall’inizio una questione di pedagogia nazionale, educazione non rivoluzione, processo senza fratture di crescita della società.
Questa filosofia religiosa non poteva non essere politica, poiché la reli- gione educa alla serietà della vita e degli studi e spinge l’intellettuale in strada perché partecipi alle cose del mondo. Come il fascismo, anche Gentile prospetta un uomo nuovo, giacobino nella sua integralità, in cui convivono anima libertaria e autoritaria, titanismo e fanatismo ideologico. Il “letterato” è il costante bersaglio polemico di Gentile, che usa il termine per intendere anche il poeta, l’artista, il filosofo, lo scienziato, insomma chiunque faccia professione di scienza e cultura per giustificare il proprio isolamento dalla realtà degli uomini, al di fuori e al di sopra delle leggi di Dio e di quelle degli uomini. «Lo scopo è quello di denunciare la debolezza del carattere nazionale, di fustigare il costume degli intellettuali italiani, che anche nei momenti cruciali della storia non prendono seriamente le cose, non si assumono la responsabilità di quello che pensano sfidando il potere. Il difetto morale del popolo italiano Gentile lo chiama intellettualismo» (p. 67). Intellettualistica è una cultura senza la fede religiosa, senza un imperativo morale, senza una ragione per vivere e per morire, ma l’opposto rischia, nota Pirro, di incoraggiare e sostenere una cultura politicizzata o peggio una cultura irrazionale e reazionaria. Un rischio che Gentile si sente di correre affinché sia possibile una riforma filosofica e politica e questa riforma porta il nome di attualismo, che è vera religione in quanto celebra la potenza dello spirito e immortala l’uomo ed è vera politica perché restituisce allo Stato, inteso come orga- nizzazione politica di una comunità nazionale, la dimensione spirituale che consente di intenderlo in interiore homine. Questo spiega perché Gentile può considerare filosofia e Stato come intimamente connesse, con la conseguen- za di uno Stato che non può tollerare accanto a sé, dentro di sé, una Chiesa detentrice del monopolio dello spirito: «come il pensiero non può spogliarsi della sua funzione religiosa, senza precipitare nell’astrattezza e nello scetticismo, così lo Stato non può sequestrare da sé il divino, senza soffocare quella vita in cui deve pur realizzarsi» (p. 129). Per essere veramente laico, lo Stato deve spogliarsi della religione posticcia e artificiosa per riempirsi di una sua interna religione; per avere sovranità e autonomia lo Stato non può essere agnostico, ma deve essere compenetrato dal senso del divino e considerare la Chiesa come un’alleata che rinuncia, però, per questo, a ogni prerogativa e privilegio.
A liberare queste riflessioni è la Grande guerra e il diritto dello Stato di chiamare vaste masse nell’olocausto delle trincee, un diritto che può arrogarsi solo in quanto Stato etico e non certo come Stato meccanizzato, freddo amministratore di interessi; e il centro della necessaria energia spirituale non può che essere la religione da cui lo Stato deriva la disciplina che spoglia l’uomo dalle inclinazioni dell’egoismo. Questo Stato Gentile lo trova nel fascismo, dinanzi al quale si consuma il dissidio con Benedetto Croce. L’adesione, o meno, al fascismo impone infatti un chiarimento teorico e pratico sui rapporti tra regnum e studium: «Croce e Gentile fanno le proprie scelte e si ritrovano in campi opposti, non per ragioni di comodo o per capricci perso- nali, ma per obbedire alla logica interna del loro pensiero» (p. 161). Gentile aderisce per la sua convinzione che gli interessi universali si incarnino e si attuino solo nello Stato ed è Croce a separarsi da lui, elaborando per opposi- zione una propria concezione politica che tuttavia, proprio per questo, nota Pirro, conserva il carattere reattivo e si specifica più in senso negativo, come antifascismo, risolvendosi interamente sul piano morale e coscienziale del dissenso e dell’opposizione ideale. Gentile, invece vuole costruire la nazione, declinandola in senso attualistico, non naturalistico, per intenderla come farsi dello spirito e non come fatto della natura o della storia: la nazione non c’è se non in quanto si fa, con il lavoro serio, con sforzo.
[…]
Rodolfo Sideri
Il testo completo in “Annali della Fondazione Ugo Spirito”, a. 2014-2015, XXIV-XXV