Presentato il libro di Mariuccia Salvati su Camillo Pellizzi

Mercoledì 20 aprile 2022, alle ore 18.00, è stato presentato, in presenza e in modalità streaming sulla pagina Facebook e sul canale YouTube della Fondazione, il volume Camillo Pellizzi. Un intellettuale nell’Europa del Novecento di Mariuccia Salvati (il Mulino, Bologna 2021). Con l’autrice ne hanno discusso Danilo Breschi e Gisella Longo, autori del volume Camillo Pellizzi. La ricerca delle élites tra politica e sociologia (Rubbettino, Soveria Mannelli 2003).

Il libro

Camillo Pellizzi (1896-1979), dopo la Grande Guerra e l’università, aderì al fascismo, contribuendo alla sua definizione politico-teorica nella scia di Gentile. Trasferitosi per studio e lavoro in Inghilterra, fu tra i fondatori del Fascio londinese. Nel 1924 entrò come docente allo University College of London rimanendovi fino al 1939, anno in cui, rientrato in Italia, prese servizio come professore all’Università di Firenze. Nel 1941 accettò l’incarico di presidente dell’Istituto nazionale di cultura fascista che tenne fino all’inizio del ’43. Dopo il 25 luglio, non avendo aderito alla Repubblica sociale italiana, visse in clandestinità fino alla Liberazione: seguirono anni di epurazione e di isolamento fino al 1950, quando ottenne la prima cattedra (a lungo unica) di Sociologia dell’università italiana. Intellettuale di spicco del fascismo, studioso del corporativismo, Pellizzi intercettò per tempo la rilevanza della disciplina sociologica; per la sua intensa attività di studioso, traduttore, saggista, poi fondatore e direttore della «Rassegna Italiana di Sociologia», rappresenta una figura di primo piano nello sviluppo delle scienze sociali nel nostro paese. Grazie alle fonti inglesi consultate, lo studio di Mariuccia Salvati ne restituisce il profilo intellettuale entro un contesto europeo finora parzialmente inedito.

L’autrice

Mariuccia Salvati ha insegnato Storia contemporanea dal 1975 al 2012 nel Dipartimento di Storia dell’Università di Bologna. Tra i suoi libri più recenti: «Passaggi. Italiani dal fascismo alla Repubblica» (Carocci, 2017), «Alfredo Reichlin. Una Vita» (a cura di, Treccani, 2019). Con Piero Costa ha curato la collana Carocci «La Costituzione. I principi fondamentali» di cui ha scritto il saggio sull’art. 4 (2018). Da sempre legata a Lelio Basso e alla sua Fondazione, dirige la rivista «Parole chiave».

Ricordo di Gianni Baget Bozzo nel decennale della scomparsa

Mercoledì 30 ottobre 2019, dalle ore 17, nella Sala della Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice (piazza delle Muse 25, Roma) si è tenuto l’incontro Un intellettuale del Novecento italiano: Gianni Baget Bozzo. Ricordi e testimonianze, in memoria di don Gianni Baget Bozzo nel decennale della scomparsa.

Il moderatore, prof. Danilo Breschi, ha aperto l’incontro introducendo il programma dei lavori.

L’introduzione, affidata allo storico Giovanni Tassani, è servita come inquadramento generale della figura, visti soprattutto i trascorsi e il rapporto di particolare amicizia con don Gianni Baget Bozzo. Tassani si è soffermato soprattutto sul rapporto di Baget Bozzo con l’universo giovanile, sempre tenuto in grande considerazione senza barriere di natura ideologica: era l’indagine profonda sulla natura degli ideali e non l’ideologia a interessarlo. Tassani ha inoltre sottolineato – il tema è presente in tutte le relazioni – il rapporto di Baget Bozzo con il cattolicesimo politico e con la DC, ponendo in evidenza le sue precoci, grandi delusioni: la fine del dossettismo e il fallimento della – non giudicata tale – “legge truffa” del ’53 (quindi di De Gasperi).

L’intervento del giornalista e saggista Nicola Guiso, partendo da un taglio personale, legato alle comuni esperienze interne alla DC, ha posto in evidenza due aspetti interessanti di don Gianni Baget Bozzo: l’attiva presenza nel dibattito delle riviste di cui si fece promotore e animatore e la poliedricità dei suoi interessi. Spaziava con grande lucidità, sin dall’età giovanile, dalla politica interna alla politica internazionale. Guiso ha inoltre sottolineato la ricchezza culturale di Baget Bozzo e la vivacità a quest’ultima strettamente correlata. In chiusura, ne ha ricordato la vena riflessiva, un’intimità profonda, esternata anche attraverso sonetti e poesie.

Il vaticanista Luigi Accattoli ha scelto invece per il suo intervento un taglio inedito. Muovendo dai primi anni de «la Repubblica» (1976) – un rapporto di collaborazione con Baget Bozzo durato poi vent’anni, fino al 1995 – e dai ricordi personali, Accattoli ha enfatizzato l’anticonformismo dell’intellettuale, riflettendo sui testi sulla omosessualità. Il tema è delicato per un uomo di Chiesa, ma Baget Bozzo, senza retoriche o perifrasi, ha sempre sostenuto le sue posizioni, ragionando su alcuni punti cardine: la necessità di una teologia del sesso e della omosessualità, di una rinnovata riflessione sul rapporto Chiesa-morale-omosessualità, del riconoscimento civile dell’unione omosessuale, ma non del matrimonio. Riflessioni ancora attuali, acute e stimolanti, derivate da convinzioni rimaste costanti per tutto l’arco della sua vita.

Paolo Sardos Albertini, presidente della Lega Nazionale, è tornato sul Baget Bozzo politico. Albertini ha descritto il suo incontro con l’attivismo di Baget Bozzo e con il mondo di «Ordine civile», rivista su cui saldò i suoi riferimenti culturali: l’intellettuale savonese, appunto, e Augusto Del Noce. Nell’individuare la matrice cristiana, e non democristiana, del pensiero di Gianni Baget Bozzo (due elementi che nella critica mossa da Tassani invece coesistono), Albertini ha ampliato la sua riflessione toccando un punto di grande interesse: il rapporto tra l’elettorato cattolico e l’“obbligo” di votare DC. «Liberare il voto dei cattolici», questa fu per Albertini la missione politica di Baget Bozzo, iniziata con la critica alla DC e l’adesione all’indirizzo craxiano (PSI) e realizzata nel ’94, con l’adesione al progetto liberal-popolare e di rottura sistemica di Silvio Berlusconi.

Anche il prof. Giuseppe Parlato, presidente della Fondazione, si è occupato del Baget Bozzo politico, con particolare attenzione ai rapporti con Luigi Gedda, al Partito cristiano al potere – opera di centrale importanza –, e alle vicende del 1958-1959. Il sostegno di Baget Bozzo a Gedda si rese esplicito, nella ricostruzione di Parlato, nel momento in cui per fronteggiare le prospettive di un’apertura a sinistra prese forma l’idea di un secondo partito cattolico. Ma non era solo l’anticomunismo a guidare Baget Bozzo, vi era alla base di questo obiettivo anche il ruolo di Fanfani e una lotta a viso aperto contro laicismo e falso spiritualismo. Tutti temi riscontrabili tra le pagine di «Ordine civile». Nel progetto di Gedda subentrò però la voce importante del Cardinale Siri che bloccò la prospettiva del “secondo partito” richiamando la necessità di sostenere la DC dall’interno, riportandola alle origini. In questa chiave, il rafforzamento dei Comitati Civici doveva avere un ruolo determinante.

Dopo gli interventi previsti dal programma, altri ricordi ed esperienze hanno arricchito l’incontro. Gli interventi di Gianluca Marmorato, Valentina Meliadò, Pietro Giubilo, Domenico “Mimmo” De Sossi e Luciano Lanna hanno fornito infatti ulteriori elementi di riflessione, spunti di interesse per un progetto di analisi più ampio sulla figura e l’opera di don Gianni Baget Bozzo.

La registrazione integrale dell’evento è disponibile al seguente link: https://www.radioradicale.it/scheda/588543/gianni-baget-bozzo-un-intellettuale-del-novecento-italiano-ricordi-e-testimonianze-nel

Sergio Panunzio rettore della Regia Università di Perugia

Nel ricco archivio di Sergio Panunzio (1886-1944), conservato in copia digitale dalla Fondazione, sono rintracciabili non solo le complesse tracce del rapporto tra il fascismo e gli intellettuali, ma anche il cambiamento intervenuto all’interno del sistema universitario italiano dell’epoca.

Panunzio, figura di spicco e maestro di una generazione di importanti giuristi, divenne rettore dell’Ateneo perugino nel febbraio del 1927, generando – come dimostrano i documenti allegati – un consenso diffuso intorno al suo nome e alla sua caratura culturale.

Molto attivo anche a Roma, il giurista originario di Molfetta si prodigò per la riforma universitaria e, in particolare, per le Facoltà di Scienze politiche che, nella trasformazione radicale della nuova classe dirigente – promossa dal regime, ma rimasta incompiuta dopo gli eventi del 1943-1945 –, dovevano giocare un ruolo di centrale rilievo.

Riferimento archivistico dei documenti: Archivio della Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice, Fondo Sergio Panunzio, Serie 1, Attività accademica, 1912 ago.-1944 lug., b. 1, f. 1, Nomine accademiche (Napoli-Perugia-Roma).