La presentazione del volume di Rodolfo Sideri su Gentile: il 19 aprile a Terni

Martedì 19 aprile 2022, alle ore 17.00, nella Sala videoconferenze della Biblioteca comunale di Terni (Piazza della Repubblica, 1), verrà presentato il volume di Rodolfo Sideri, Con Mussolini e oltre. Giovanni Gentile da Marx alla destra postfascista (Edizioni Settimo Sigillo, Roma 2020). Con l’autore ne discuteranno Paolo Cicchini, consigliere comunale di Terni, Pier Francesco Quaglietti dell’associazione Amici della Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice di Terni, e Jacopo Meccariello del Centro per la Filosofia italiana. Introdurrà l’incontro Danilo Sergio Pirro, presidente dell’associazione Amici della Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice di Terni.

Il libro

La letteratura sulla filosofia di Giovanni Gentile è un fiume che trova la sua sorgente già negli anni Venti del Novecento e giunge sempre più impetuoso fino ai giorni nostri. Tuttavia, nelle diverse interpretazioni dell’attualismo mancava ancora l’analisi della sua incidenza nella destra del dopoguerra; analisi che può gettare nuova luce sulle diverse esigenze e urgenze che quest’area politica, specialmente ma non solo giovanile, ha maturato e sta maturando a partire dagli anni Duemila. Si è voluto perciò ripercorrere il lungo itinerario politico del filosofo siciliano a partire dai primi studi su Rosmini, Gioberti e Marx, durante i quali già era maturato il concetto di prassi che, annullando la distinzione tra pensiero e azione, consentì al filosofo di elaborare una visione totalitaria della vita. In questo senso Gentile ritenne di poter incontrare il “suo” fascismo, al quale restò fedele fino alla tragica conclusione della sua esistenza. Con Mussolini, quindi, ma anche oltre Mussolini, per quella volontà di veder fondato uno Stato pienamente totalitario che non lasciasse fuori di sé alcun residuo, alcuna eccedenza spirituale, e che il fascismo non seppe o non volle realizzare. Il valore della politica, che per Gentile si identifica con la vita in tutte le sue espressioni, la concezione etico-religiosa, il senso dello Stato e del suo rapporto con la nazione, l’economia corporativistica costituiscono il patrimonio ideale che la destra italiana del dopoguerra ha, di volta in volta, fatto proprio, rifiutato, rielaborato in modalità diverse, fino a giungere all’irruzione nel dibattito odierno del tema del sovranismo che ha restituito al pensiero gentiliano tutta la sua carica rivoluzionaria.

L’autore

Rodolfo Sideri è docente di Filosofia e Storia nei Licei. Si è interessato particolarmente della cultura politica della destra italiana tra Otto e Novecento. Tra le sue pubblicazioni più recenti: La rivoluzione ideale di Alfredo Oriani, Roma, Settimo Sigillo 2011; Adriano Romualdi. L’uomo, l’opera e il suo tempo, Roma, Settimo Sigillo 2012; Platone nella cultura politica della destra italiana del Novecento, in Platone nel pensiero moderno e contemporaneo, IV, Villasanta, Limina-Mentis 2014; L’umanesimo nazionale di Carlo Costamagna, Roma, Settimo Sigillo 2015; “Il platonismo che non muore”: Platone e il platonismo nel pensiero di Giovanni Gentile, in Platone nel pensiero moderno e contemporaneo, V, Villasanta, Limina-Mentis, 2015; L’esigenza di Dio in Ugo Spirito, in Fede e ragione, Villasanta, Limina-Mentis, 2016; Fascisti prima di Mussolini. Il fascismo tra storia e rivoluzione, Roma, Settimo Sigillo, 2018.

Giovanni Gentile al Centro per la Filosofia Italiana

Si è tenuta il 25 ottobre 2018, presso il Centro per la filosofia italiana, in collaborazione con la Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice, la presentazione degli Atti del Convegno “Gentile oggi”, pubblicati a cura ndi Rodolfo Sideri, negli “Annali della Fondazione Ugo Spirito”, a. XXXI, 2019.1, nuova serie. Al Tinello Borghese di Monte Compatri (Roma), con il curatore Sideri, direttore dei Corsi di formazione della Fondazione, sono intervenuti la prof.ssa Teresa Serra (Presidente onorario del Centro per la filosofia italiana), il prof. Luigi Punzo, il prof. Paolo Armellini (foto) e gli autori dei saggi. L’incontro, alla presenza di un pubblico di studiosi e non, è stato coordinato dalla vicepresidente del Centro per la filosofia italiana, prof.ssa Tina Paladini (foto), mentre la relazione principale è stata svolta dal prof. Paolo Armellini, ricercatore di Storia delle dottrine politiche alla Sapienza di Roma, il quale ha sottolineato la necessità di ripensare Gentile come lievito della speculazione del Novecento, italiana ed europea. I successivi interventi hanno rimarcato la necessità di un recupero della filosofia italiana come parte di un patrimonio culturale da non disperdere. In conclusione, il presidente del Centro, prof. Aldo Meccariello, ha confermato la volontà di continuare il lavoro di scavo della filosofia italiana in sinergia con la Fondazione.

 

La guerra rivoluzionaria di Ugo Spirito

L’inedito pubblicato nel 1989

di Rodolfo Sideri

//Nel suo Diario 1935-1944, Bottai racconta che il 29 novembre 1941, Mussolini gli restituì un dattiloscritto di Spirito intitolato Guerra rivoluzionaria, esprimendo un giudizio sostanzialmente critico: «Lo trova intelligente, ma contraddittorio» per la distinzione borghesia-proletariato e indicava il punto debole della tesi laddove, riconosciuta l’ineluttabilità dell’egemonia tedesca, additava all’Italia il compito di mitigarla in un teatro bellico dove i metodi tedeschi – diceva Mussolini – erano sotto gli occhi di tutti e l’Italia arrancava dietro l’alleato. Era significativo che il testo di Spirito fosse presentato al Duce da Bottai, mentore del filosofo insieme a Gentile, o addirittura sia stato da lui commissionato. Il gerarca era colui che maggiormente si stava spendendo, tanto con la sua azione di ministro dell’Educazione Nazionale quanto come direttore di «Critica fascista» e «Primato», per coinvolgere e mobilitare gli intellettuali. Un’azione che richiedeva di spostare sul terreno culturale il conflitto in atto e quindi ideologizzarlo e trasformarlo in un cambiamento storico che era compito degli intellettuali discutere se non determinare.

Giuseppe Bottai

Ugo Spirito era forse l’esempio paradigmatico di come Bottai intendesse la figura dell’intellettuale, costantemente volto a dare all’analisi dei fenomeni storico-politici in atto un’impostazione idealistica. Del resto, lo stesso Spirito, nella sua autobiografia intellettuale, afferma che il fascismo «non spunta all’improvviso come un fungo imprevisto, ma è il frutto di un lungo processo […]. Possiamo dire che le sue radici sono nei principi del nuovo idealismo italiano, in antitesi col vecchio positivismo». Addirittura, la fondazione del fascismo viene dal filosofo retrodatata al gennaio 1918, quando Giovanni Gentile iniziava la docenza all’università di Roma con la precisa intenzione di educare i suoi studenti alla coscienza storica del passato della storia nazionale e alle esigenze del presente, in modo da consentire loro di sviluppare la fede nell’idea di nazione, fuoriuscendo dall’inautenticità di una vita dominata dall’egoismo e dall’utilitarismo individuale. Anche per Spirito, dunque, il fascismo non era derubricabile a mera reazione alle violenze del biennio rosso, rappresentando piuttosto un’esigenza storica della vita nazionale. Spirito non ripudia l’entusiastica adesione a questo fascismo, nutrito di idealismo e validato da una riforma della scuola che diede all’idealismo una sorta di monopolio ideologico all’interno della nuova èra che si apriva. Le cose cominciarono a cambiare con i Patti Lateranensi, in virtù dei quali «l’attualismo veniva negato in forma perentoria e a tempo indeterminato>.

[…]

Il saggio completo in “Annali della Fondazione Ugo Spirito”, a. XXX, 2018, pp. 95-110.

 

Il ruolo di Ugo Spirito nell’Enciclopedia Italiana

//di Alessandra Cavaterra

Una fotografia, conservata nell’archivio personale di Ugo Spirito, risalente al 10 gennaio 1931, ritrae, nell’ordine, da sinistra, Giovanni Treccani, Benito Mussolini, Calogero Tumminelli, Giovanni Gentile in occasione della visita del Duce all’Istituto Giovanni Treccani, promotore della Enciclopedia italiana. Accanto a Gentile, in primo piano a destra ma con l’immagine fuori fuoco, vi è Ugo Spirito. Questa rappresentazione è assai significativa del ruolo avuto da Spirito nella realizzazione dell’opera enciclopedica: i responsabili e fondatori dell’Istituto sono i soggetti principali (Treccani fu il finanziatore dell’impresa, Tumminelli ne era il direttore editoriale, Gentile, con la carica di direttore scientifico, il deus ex machina, l’ideatore e l’animatore princeps), ma il filosofo aretino, benché ritratto come un ectoplasma, era pur sempre immortalato con li superiori, accanto al suo maestro, il quale riponeva in lui la massima fiducia e ne aveva fatto il suo ambasciatore presso alcune figure di spicco della redazione dell’opera. Ma vale la pena dare un’occhiata all’organizzazione del complesso sistema editoriale enciclopedico, così come si era formato dopo la costituzione dell’Istituto, nel febbraio 1925, per inquadrare meglio il ruolo ricoperto da Spirito nel sistema Enciclopedia.
L’idea di una enciclopedia che avesse un fondamento scientifico era nata in Gentile, e in altri intellettuali, in particolar modo dopo la guerra e dopo l’avvento del fascismo, per celebrare la nuova Italia, l’italiano nuovo o rigenerato dalla guerra, dalla vittoria e dalla rivoluzione fascista. Non si può non ricordare le parole di Ugo Spirito che rievocano l’entusiasmo che percorse l’Italia all’avvento del nuovo regime: «Erano i primi anni dopo il 1918 e la confusione dei motivi postbellici non consentiva di avere idee chiare e orientatrici. Ma dappertutto era vivo il bisogno di un rinnovamento generale che fosse illuminato da una fede profonda e costruttrice. E nel bisogno erano unite la vecchia e la nuova generazione, in un’azione concorde che si esprimeva in programmi comuni. […]. Basta ricordare gli anni dal 1918 al 1924 per comprendere cosa significasse la fede fascista nella nuova classe dirigente […]». Sono parole sentite, spontanee, scritte molti anni dopo gli avvenimenti e dunque di ancor maggiore interesse. Descrivono bene il clima del momento, da cui tanti italiani si fecero coinvolgere, convinti di essere protagonisti di un passaggio epocale. Questo passaggio comprese nuove iniziative, grandi e piccole, nella costruzione di un nuovo modello di Stato come nella diffusione della cultura. L’Enciclopedia italiana rientra in iniziative, subito compresa nelle altre sfere come opera di spessore elevato, forse anche perché volle presentarsi fin dall’inizio come indipendente da qualunque influenza, politica, ideologica, sociale, religiosa, quindi credibile.

Gioacchino Volpe

L’organizzazione interna prevedeva che le materie fossero raccolte in “sezioni”, affidate a un direttore, scelto tra i massimi esperti di ciascuna disciplina: per esemplificare, il direttore della sezione Storia medievale e moderna fu Gioacchino Volpe, la sezione Musica fu posta nelle mani di Ildebrando Pizzetti, della sezione Fisica fu responsabile Enrico Fermi. Gentile ricopriva la carica non solo di direttore scientifico, ma anche di direttore della sezione Filosofia e pedagogia e compilò alcune voci. I direttori davano l’impronta alla propria sezione, stabilivano le trattazioni necessarie e i relativi autori. Accanto ai direttori, vi erano i redattori, che avevano compiti di carattere scientifico quali la revisione dei manoscritti che giungevano dagli autori chiamati a compilare le voci, con il controllo della congruità del contenuto e dell’effettivo peso scientifico dell’argomento trattato. A Spirito fu affidata una vasta area redazionale, che comprendeva Filosofia e pedagogia, Economia e statistica, Materie ecclesiastiche e le quattro sezioni di diritto, cioè Diritto privato, Diritto e procedura penale, Diritto pubblico, Storia del diritto. Il suo ricordo gli fece dire in seguito di essere stato “segretario generale” dell’opera; alcuni studiosi lo definiscono “segretario particolare” di Gentile. Ma, al di là delle locuzioni che qualificano il suo compito, è indubbio che l’azione di Spirito nella redazione enciclopedica significò un contatto quotidiano con Gentile, con l’attuazione e talvolta l’interpretazione del pensiero del direttore scientifico circa l’impostazione da conferire alla complessa impresa editoriale. […]

Il testo completo in “Annali della Fondazione Ugo Spirito”, a. 2018, XXX

Filosofia e politica in Giovanni Gentile

Vincenzo Pirro, Filosofia e politica in Giovanni Gentile, a cura di Hervé A. Cavallera, Aracne, Roma, 2017

//Nella generale ripresa degli studi su Giovanni Gentile, un contributo di grande interesse viene da un volume postumo di Vincenzo Pirro, studioso del filosofo di Castelvetrano e allievo di Ugo Spirito, che altri lavori ha dedicato all’attualismo, tutti caratterizzati da profondità di analisi e rara capacità di utilizzo dei testi. Filosofia e politica ha il merito di utilizzare i termini in questione non come una diade, ma di comprenderli come due facce dell’attualismo, che è politica in quanto filosofia e filosofia in quanto politica. Politica non nel senso della partigiana militanza di parte – nemmeno negli anni dell’adesione al fascismo – quanto della necessità di ripensare lo Stato attribuendogli quella sostanza etica che ne faccia l’autentico rappresentante della comunità. Uno Stato così concepito è uno Stato “filosofo”, uno Stato “educatore”, al quale non può essere estranea la dimensione spirituale e religiosa dell’esistenza e dell’esistente. Pirro coglie la continua circolazione, nel pensiero di Gentile, di politica, educazione e religione che è alla base del progetto attualista di un’identità politico-religiosa che, pur restando nell’alveo cristiano e cattolico, si profila come una riforma orientata a restituire alla religione la serietà del pensiero e al pensiero la sacralità della religione. Gentile, infatti, è il filosofo che ha riportato la metafisica nel tempio della nazione, affinché lo Stato si spiritualizzi e la nazione si educhi secondo un grande progetto insieme politico e religioso. Se il tema è hegeliano, il terreno di coltura è diverso, muovendosi Gentile nel cattolicesimo (contro) riformato e non nell’ambito del rigoroso monismo teistico del luteranesimo, cosicché la divinità che il filosofo intende restaurare è quella rivelata nel Nuovo Testamento, «centrato sulla figura del Cristo che redime l’uomo dalla natura e gli dà il vigore della libertà spirituale» (p. 42). Se la riforma politica è religiosa, quella religiosa è politica nel momento in cui restaura l’autentico cristianesimo nel cuore dello Stato, consentendogli di alimentare l’azione politica. Quasi novello Gioacchino da Fiore, Gentile annuncia l’età nuova, l’età dello Spirito, la nuova civiltà degli uomini contro la natura; civiltà che apre lo spazio al dominio tecnico. Al Dio ebraico, ferocemente estraneo all’uomo, egli rivendica il Dio dell’Uomo che si fa uomo, la nuova alleanza da cui deriva la creatività dello spirito umano che il filosofo chiama “atto puro”.
Il cristianesimo di Gentile è una religione demitizzata, ovvero sottratta alla sovrastruttura materiale, che esalta il suo senso di religione prometeica, eroica, in cui il Figlio si oppone al Padre per amore degli uomini. Sottrarre alla religione il suo materialismo, i suoi miti, comporta rifiutare la trascen- denza irrelata, perché la sussistenza di Dio senza l’uomo significa la sussistenza dell’oggetto senza il soggetto, che consegna l’uomo alla passività del dato. «La riforma della religione e la riforma della filosofia sono, per Gentile, due operazioni complementari, come sono complementari ragione e fede» (p. 46). Cristianizzare vuol dire spiritualizzare, interiorizzare l’oggetto che in ambito politico ed educativo si identifica con lo Stato e con la scuola: l’assoluto è il momento istituzionale: interiorizzarlo significa sottrarsi al momento coercitivo per sostituirlo con il consenso. La metafisica riportata nel sacrario della nazione è quella del soggetto e della mente, per la quale il pensiero è assoluta soggettività che tesse la trama dell’universo e fuori della quale non sussiste una realtà oggettiva. Cosicché, la filosofia gentiliana, nell’appassionata lettura di Pirro, si configura come itinerarium mentis in Deum, dove il realismo ingenuo e la trascendenza, lo scarto tra essere e dover essere, sono superati in nome di un’immanenza che riconduce Dio nella coscienza. Combattere il realismo, sul piano politico, significa combattere il democratismo sul piano della cultura e della mentalità, col proposito di riannodarsi alle scaturigini del pensiero risorgimentale e all’azione politica della Destra storica. Sempre con la chiara coscienza che il realismo non si combatte negandolo, ma assorbendolo nello stesso idealismo, attraversandolo come momento, che proprio per questo è continuamente risorgente, ogni volta, dalla profondità dello stesso pensiero. È il momento in cui la religione pone Dio in un cielo lontano dalla nostra esperienza; è il momento in cui la scienza presup- pone una natura indipendente dalla mente che la conosce; nel combattere il realismo, «la filosofia partecipa alla riscossa del sentimento religioso, che è ribellione contro rappresentazioni materialistiche del divino, e sforzo di inte- riorizzazione e di approfondimento spirituale» (p. 58). Per Gentile, la filosofia è il supremo grado di consapevolezza dello spirito umano nel suo storico divenire e il suo oggetto è lo stesso spirito in quanto attività, formazione. La filosofia è quindi fin dall’inizio una questione di pedagogia nazionale, educazione non rivoluzione, processo senza fratture di crescita della società.
Questa filosofia religiosa non poteva non essere politica, poiché la reli- gione educa alla serietà della vita e degli studi e spinge l’intellettuale in strada perché partecipi alle cose del mondo. Come il fascismo, anche Gentile prospetta un uomo nuovo, giacobino nella sua integralità, in cui convivono anima libertaria e autoritaria, titanismo e fanatismo ideologico. Il “letterato” è il costante bersaglio polemico di Gentile, che usa il termine per intendere anche il poeta, l’artista, il filosofo, lo scienziato, insomma chiunque faccia professione di scienza e cultura per giustificare il proprio isolamento dalla realtà degli uomini, al di fuori e al di sopra delle leggi di Dio e di quelle degli uomini. «Lo scopo è quello di denunciare la debolezza del carattere nazionale, di fustigare il costume degli intellettuali italiani, che anche nei momenti cruciali della storia non prendono seriamente le cose, non si assumono la responsabilità di quello che pensano sfidando il potere. Il difetto morale del popolo italiano Gentile lo chiama intellettualismo» (p. 67). Intellettualistica è una cultura senza la fede religiosa, senza un imperativo morale, senza una ragione per vivere e per morire, ma l’opposto rischia, nota Pirro, di incoraggiare e sostenere una cultura politicizzata o peggio una cultura irrazionale e reazionaria. Un rischio che Gentile si sente di correre affinché sia possibile una riforma filosofica e politica e questa riforma porta il nome di attualismo, che è vera religione in quanto celebra la potenza dello spirito e immortala l’uomo ed è vera politica perché restituisce allo Stato, inteso come orga- nizzazione politica di una comunità nazionale, la dimensione spirituale che consente di intenderlo in interiore homine. Questo spiega perché Gentile può considerare filosofia e Stato come intimamente connesse, con la conseguen- za di uno Stato che non può tollerare accanto a sé, dentro di sé, una Chiesa detentrice del monopolio dello spirito: «come il pensiero non può spogliarsi della sua funzione religiosa, senza precipitare nell’astrattezza e nello scetticismo, così lo Stato non può sequestrare da sé il divino, senza soffocare quella vita in cui deve pur realizzarsi» (p. 129). Per essere veramente laico, lo Stato deve spogliarsi della religione posticcia e artificiosa per riempirsi di una sua interna religione; per avere sovranità e autonomia lo Stato non può essere agnostico, ma deve essere compenetrato dal senso del divino e considerare la Chiesa come un’alleata che rinuncia, però, per questo, a ogni prerogativa e privilegio.
A liberare queste riflessioni è la Grande guerra e il diritto dello Stato di chiamare vaste masse nell’olocausto delle trincee, un diritto che può arrogarsi solo in quanto Stato etico e non certo come Stato meccanizzato, freddo amministratore di interessi; e il centro della necessaria energia spirituale non può che essere la religione da cui lo Stato deriva la disciplina che spoglia l’uomo dalle inclinazioni dell’egoismo. Questo Stato Gentile lo trova nel fascismo, dinanzi al quale si consuma il dissidio con Benedetto Croce. L’adesione, o meno, al fascismo impone infatti un chiarimento teorico e pratico sui rapporti tra regnum e studium: «Croce e Gentile fanno le proprie scelte e si ritrovano in campi opposti, non per ragioni di comodo o per capricci perso- nali, ma per obbedire alla logica interna del loro pensiero» (p. 161). Gentile aderisce per la sua convinzione che gli interessi universali si incarnino e si attuino solo nello Stato ed è Croce a separarsi da lui, elaborando per opposi- zione una propria concezione politica che tuttavia, proprio per questo, nota Pirro, conserva il carattere reattivo e si specifica più in senso negativo, come antifascismo, risolvendosi interamente sul piano morale e coscienziale del dissenso e dell’opposizione ideale. Gentile, invece vuole costruire la nazione, declinandola in senso attualistico, non naturalistico, per intenderla come farsi dello spirito e non come fatto della natura o della storia: la nazione non c’è se non in quanto si fa, con il lavoro serio, con sforzo.
[…]

Rodolfo Sideri

Il testo completo in “Annali della Fondazione Ugo Spirito”, a. 2014-2015, XXIV-XXV

 

In ristampa il primo fascicolo 2019 degli “Annali” della Fondazione

Esaurita la prima edizione, è in ristampa il primo fascicolo semestrale degli “Annali” della Fondazione (Anno I, n. 1/2019 XXXI, nuova serie).

I filosofi Ugo Spirito e Giovanni Gentile e il sociologo Gino Germani sono i “protagonisti” del nuovo fascicolo degli “Annali della Fondazione Ugo Spirito”, che ha aperto la nuova fase della rivista fondata nel 1989. Trentuno anni dopo, gli “Annali”, conservando le caratteristiche di rigore scientifico che li hanno fatti apprezzare nel tempo, diventano un periodico semestrale.

Nel quadro delle iniziative che la Fondazione ha in programma nel quarantennale della morte di Ugo Spirito e nel novantesimo anniversario della nascita di Renzo De Felice, il fascicolo si apre con una sezione dedicata al filosofo aretino, curata da Gianni Scipione Rossi. Contiene l’inedito Verso la grande civilizzazione, scritto da Spirito nel 1978, come appendice a un libro dedicato all’analisi e alle prospettive della “rivoluzione bianca” voluta in Iran dallo Scià Mohammad Reza Pahlavi, rovesciato all’inizio del 1979 dalla rivoluzione islamista degli ayatollah. Il libro non è mai stato pubblicato in Italia nella sua integralità e fu al centro di un giallo bibliografico, che il saggio introduttivo intende finalmente chiarire sulla base di una approfondita analisi delle fonti archivistiche.

Nella seconda sezione, “Giovanni Gentile nella cultura italiana”, curata da Rodolfo Sideri e introdotta da Hervé A. Cavallera, trovano spazio gli atti del convegno tenuto in Fondazione sul pensiero del filosofo. Questi i saggi: Il soggetto gentiliano tra esistenzialismo e postmoderno di Rodolfo Sideri; Eternità e divenire dell’atto. La critica di Gentile al relativismo, di Hervé A. Cavallera; La Teoria generale dello spirito come atto puro e la costruzione dell’attualismo, di Massimo Piermarini; El desafío del devenir, di Francesc Moratò; L’ombra del pensato. La teoresi gentiliana dell’errore, di Giuseppe D’Acunto; Vae soli, attualismo e solipsismo, di Tiziano Sensi;L’Enciclopedia di Gentile, di Alessandra Cavaterra.

Gino Germani, un inedito e il suo archivio” è il titolo della sezione dedicata al sociologo italo-argentino nel quarantennale della morte. La sezione è introdotta dalla studiosa argentina Ana Grondona, con il saggioAutoritarismo(s), clases medias y el problema de las generaciones , che introduce lo scritto inedito di Gino Germani presente nel suo archivio, conservato dalla Fondazione: Ceti e generazioni alla vigilia della Marcia su Roma. La sezione è completata dal saggio Gino Germani: la sociología, los viajes, el exilio, nel quale lo studioso argentino Juan Ignacio Trovero dà conto analiticamente del contenuto dell’archivio Germani. Grondona e Trovero, che hanno a lungo esaminato le carte Germani presso la Fondazione, lavorano presso l’Università di Buenos Aires e nell’Instituto de Investigaciones Gino Germani attivo nella capitale argentina.

Il fascicolo presenta inoltre i saggi La genesi del Consiglio Nazionale delle Ricerche (1915-1923), di Andrea Perrone; Il capodanno perduto del 1947, di Leonardo Varasano; Il fascismo e l’europeismo di Gian Domenico Romagnosi, di Matteo Antonio Napolitano; Un guascone nel Novecento: Valerio Pignatelli di Cerchiara, di Andrea Cendali Pignatelli.

Nella nuova sezione “Note sul Novecento”, Danilo Breschi pubblica Quella voglia di libertà che da Praga brucia ancora e Nicola Rao 20 luglio 1969, l’avventura che ci fece sognare.
Completano il fascicolo le recensioni, le segnalazioni librarie e le notizie sull’attività della Fondazione.

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