Tra Mazzini e Marx: i repubblicani fuori dal Pri (1948-1952)

Guido Bergamo

di Silvio Berardi

La difficile ricollocazione politica del Partito Repubblicano Italiano, all’indomani dell’8 settembre 1943 e soprattutto del 2 giugno 1946, produsse al suo interno una profonda crisi identitaria risolta, nel 1948, con la definitiva scelta centrista. Una scelta, quest’ultima, che tuttavia finiva per scontentare coloro che ricordavano la tradizione ottocentesca del Partito e la sua collocazione all’Estrema radicale, al fianco delle forze di sinistra, tradizione difesa, nel corso del regime fascista, tra gli altri, dal federalista Arcangelo Ghisleri. Tale posizionamento determinava, ad esempio, profonde perplessità nell’ala sinistra del Pri, il cui programma politico era identificabile nel socialismo mazziniano, già teorizzato da Alfredo Bottai, nel 1908.
L’interpretazione in chiave socialista della dottrina di Mazzini non condusse, in ogni caso, la sinistra del Pri ad una scissione. All’interno del Partito, tuttavia, numerosi erano coloro che ritenevano conciliabili gli insegnamenti del patriota genovese con la dottrina marxista e, dunque, consideravano legittima ed auspicabile un’alleanza con le sinistre.
Così, il 18 gennaio del 1948, il «Giornale della Sera» di Roma, annunciava, in un breve trafiletto, la nascita del Partito Repubblicano Italiano Sociale (Pris), sorto per opera di un gruppo di dissidenti del Partito Repubblicano Italiano e costituito a Venezia, sotto la direzione di Guido Bergamo e di Rino Ronfini, già esponenti di rilievo, sin dalla fine del 1946, della corrente sociale interna al Pri che riteneva la lotta di classe una necessità irrinunciabile per l’emancipazione delle forze del lavoro.
La scissione era la logica conseguenza delle scelte del Pri, emerse nel corso del XX Congresso Nazionale svoltosi a Napoli proprio nel gennaio del 1948, nel quale i repubblicani decisero di continuare a sostenere l’esecutivo De Gasperi, approvando, inoltre, le linee di politica estera del loro ministro Carlo Sforza. Questa prospettiva era stata, del resto, già condannata perentoriamente dai repubblicani sociali, nel novembre del 1947:

Rino Ronfini

< […] si sacrifica il Partito, che fu sempre di estrema, alla tattica parlamentare e si trascina il Partito stesso in pericolose intese e alleanze che ne snaturano lo spirito e ne tradiscono la tradizione sociale. Si porta il Partito fuori strada verso una democrazia radico massonica, invece che nella strada maestra del lavoro>.

Una nota della Prefettura di Venezia del 19 gennaio, nell’annunciare la nascita della nuova formazione politica, ricordava che Ronfini era stato già sospeso dalla direzione del Partito al Congresso regionale veneto tenutosi a Vicenza l’11 dello stesso mese, mentre Bergamo aveva presentato precedentemente le sue dimissioni.
La prima sede del Pris fu stabilita a Venezia, presso l’Associazione Perseguitati Politici; il Partito, che aveva la proprietà del giornale «La Riscossa» di Treviso, poté inizialmente contare sull’adesione di circa 150 iscritti, tutti dissidenti dal Pri.

[…]

Il saggio integrale in “Annali della Fondazione Ugo Spirito”, a. 2012-2013, XXII-XXIII, pp. 7-18.

Italia e Israele, storia di un rapporto complesso

Mario Toscano (a cura di), L’Italia racconta Israele 1948-2018, Viella, Roma 2018

È ben condivisibile l’auspicio del curatore Mario Toscano <che questo volume possa essere la base per ulteriori ricerche, volte ad ampliare la conoscenza di un capitolo della storia italiana recente e dei dibattiti appassionati svoltisi su un tema delicato> (p. 13). Perché un tema così delicato, e cioè come la politica, la stampa, la cultura italiana si siano rapportate alla nascita dello Stato d’Israele e alla sua storia ormai settantennale, merita più di una sia pur pregevole raccolta di saggi fatalmente orfani di un approccio organico. Il tema è infatti quanto mai complesso, alla luce dell’atteggiamento ondivago che politica, stampa e cultura hanno tenuto, nel loro complesso e spesso in palese e vivace dissenso, nei confronti della patria ebraica. Un atteggiamento che è via via cambiato col mutare del contesto internazionale e dell’orientamento politico delle leadership israeliane, per non dire della percezione della Shoah e delle leggi antiebraiche del 1938. Così, quando Israele nasce e sembra porsi in stretta relazione con il blocco sovietico, le sinistre italiane lo vedono con estremo favore, mentre Dc e moderati sono condizionati dall’atlantismo. Poi, di lustro in lustro, gli accadimenti determinano evoluzioni diverse, ferma restando la persistente linea filoaraba (con le eccezioni del caso) della politica estera italiana, almeno fino agli anni Ottanta del secolo scorso. Gli autori colgono e spiegano i mutamenti intorno alle date topiche, dal 1951 al 1967 (quando il Pci si schiera contro Israele), e poi al 1982, con l’invasione del Libano disposta dal premier del Likud Menachem Begin. Una svolta, questa, che determina conseguenze ancora non rimosse in una pubblicistica che tende a considerarla come conseguenza naturale della guerra dei sei giorni. Mentre viene rimosso, come nota Alberto Cavaglion, <Quello che è accaduto fra il 1948 e il 1967 [], nel quadro di un’analisi che estende la “brutalità” della politica israeliana a tutto il periodo precedente> (p. 197). Con gli inevitabili limiti d’insieme, il volume presenta saggi accurati che ben illustrano le posizioni dei diversi schieramenti politici e ambienti culturali italiani, con una eccezione difficilmente comprensibile, che riguarda il versante della destra. Guri Schwarz lamenta l’assenza di <studi approfonditi e seri> (p. 155n)) sull’evoluzione del postfascismo finiano su questi temi. C’è del vero, ma nel volume manca qualsivoglia riferimento anche alle posizioni della destra precedente al biennio 1993/1994, forse perché ritenuta politicamente ininfluente, il che – per alcuni periodi – non corrisponde storiograficamente al vero.

Un lavoro più organico non potrebbe che tener conto non solo del citato La destra e gli ebrei di Gianni Scipione Rossi (Rubbettino, Soveria Mannelli 2003), ma almeno della ricerca condotta da Marco Francesconi sui periodici conservati nella emeroteca della Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice (Il Movimento Sociale Italiano e il conflitto arabo-israeliano 1946-1973, Europa Edizioni, Roma 2017), e del saggio di Giuseppe Parlato, Neofascismo Italiano e questione razziale, in G. Resta, V. Zeno-Zencovich (a cura di), Leggi razziali. Passato e presente, RomaTre-Press, Roma 2015.

da “Annali della Fondazione Ugo Spirito”, n.1, 2019 (nuova serie), a. XXXI