Renzo De Felice: validità della biografia nella ricerca storica

Nota introduttiva di Giuseppe Parlato

//Dal gennaio al giugno 1982 si svolse alla Sapienza di Roma un seminario dal titolo “Teorie, tecniche e problemi della ricerca storica”, organizzato da un gruppo di studenti della Facoltà di Scienze Politiche. Vi parteciparono docenti di materie storiche provenienti da diverse Facoltà universitarie. Alcuni, successivamente, lasciarono dei contributi scritti, altri furono intervistati in merito al loro lavoro di storici, alle metodologie della ricerca, alle tecniche prese in considerazione e ai problemi incontrati durante il lavoro.
Gli studenti erano Marco De Nicolò, che poi ha proseguito il percorso di ricerca diventando a sua volta docente e che ringraziamo per averci permesso di pubblicare il testo defeliciano, Maria Letizia D’Autilia, anch’essa tuttora impegnata nell’ambito della ricerca storica, Modesto Panaro, Emmanuele Carboni e Roberto Andreini.
Furono coinvolti, tra i docenti, Alberto Monticone, ordinario di Storia moderna, Carlo Mongardini, ordinario di Scienza Politica, Pietro Pastorelli, ordinario di Storia delle relazioni internazionali, Antonio Parisella e Luigi Goglia, allora ricercatori di Storia contemporanea, e Ginevra Conti Odorisio, allora ricercatrice di Storia delle dottrine politiche, che diedero al volume che poi si pubblicò, un contributo scritto.
Furono poi anche intervistati altri ordinari: Gabriele De Rosa e Renzo De Felice, di Storia contemporanea, Mario Caravale, di Storia del diritto, Alberto Caracciolo, di Storia moderna, e Paolo Spriano, di Storia dei partiti politici, questi ultimi due della Facoltà di Lettere.
Ne venne fuori un volumetto agile ma molto intenso e interessante, avendo quegli studenti colto il significato più profondo delle caratteristiche della ricerca storica.
A De Felice gli studenti chiesero di parlare del genere biografico nella storia contemporanea italiana.

[…]

L’intervista a Renzo De Felice

D. Credo che si potrebbe iniziare questo incontro con una domanda.
In questo periodo le biografie imperversano; se però mettiamo un attimo da parte quest’ultima fase (anche se sarebbe interessante conoscere i motivi di tale rinascita del genere biografico), ci si può chiedere perché la storiografia italiana, soprattutto dopo il secondo dopoguerra, abbia avuto così pochi casi di opere storiche con impianto biografico; mentre la biografia non solo è un genere classico della storiografia anglosassone, ma anche un genere estremamente diffuso in altri Paesi come Francia e Germania, e con opere di altissimo livello.

R. Potrei rispondere dicendo che questo è avvenuto a causa del sommmarsi di due caratteri della storiografia italiana di questo dopoguerra. Da un lato abbiamo una tradizione di storia etico-politica che molto spesso, anche quando è storia politica, ha finito per privilegiare aspetti di storia della nascita, diffusione, trasformazione delle idee politiche, del loro rapporto con la coscienza dei popoli. Da un altro lato invece l’altra influenza, in gran parte tipica del periodo successivo alla Seconda Guerra Mondiale, è l’influenza della storiografia marxista, e quindi l’accento portato sulle strutture, sulla vita sociale, e tutto il mondo di indagine tipico della storiografia marxista. Non è un caso infatti che esista un altro paese dove le biografie hanno avuto scarsa fortuna: l’Unione Sovietica. Questi i due motivi a mio parere determinanti lo scarso interesse italiano del dopoguerra per le biografie.

[…]

I testi integrali in “Annali della Fondazione Ugo Spirito”, a.1, n. 2, 2019, nuova serie, a. XXXI, pp. 11-19.

 

 

 

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