Rossi indaga Julius Evola, il razzista totalitario.
“Julius Evola e’ stato un cattivo maestro perche’ ha condotto un paio di generazioni di giovani sulla strada della impoliticita’. Un agitatatore di miti che portano indietro invece di guardare al futuro”. Cosi’ il giornalista e scrittore Gianni Scipione Rossi parla con l’Adnkronos del suo nuovo libro ‘Il razzista totalitario. Evola e la leggenda dell’antisemitismo spirituale’ (Rubbettino, pp. 126, euro 9). Nel contributo, il videdirettore di ‘Rai Parlamento’ dimostra che per il pensatore tradizionalista non si puo’ parlare semplicemente di una ‘parentesi’ razzista, quanto invece di un razzismo radicale e persistente messo a disposizione del fascismo. “Lo ritengo un mito negativo – aggiunge l’autore – soprattutto per la destra politica. Poi se uno fa esoterismo, il discorso e’ diverso. ma la la politica e’ altra cosa”. Un terreno minato, questo della evoliana razza dello spirito. Ci voleva la tigna di Scipione Rossi (gia’ autore di altre importanti inchieste sulla storia del ‘900) per scandagliarlo mostrando, dal suo punto di vista, il ‘barone’ nero al di la’ del mito che lo avvolge.
“Evola non mi ha appassionato piu’ di tanto – rimarca cosi’ il giornalista Rai – lo definisco il filosofo col torcicollo. Poi gira una leggenda da sempre, quella del razzismo di matrice spirituale”. E invece? “E’ razzismo tout court – replica scipione rossi – basta leggere i testi invece di adorarli per rendersi conto che la leggenda dice il falso. Nel pensiero di Evola c’e’ un razzismo originario e biologico, non spirituale”.
E a chi gli chiede che storia degli effetti attende da questo contributo, lo studioso della destra italiana replica netto: “Ritengo che alcune cose vadano dette. ribadisco: quella del razzismo spirituale e’ una leggenda”. Per Scipione Rossi, dunque, nell’infuocato ‘denken’ del filosofo che insegno’ a ‘cavalcare la tigre’, c’e’ una quinta da smontare: “perche’ il razzismo e’ razzismo comunque lo si chiami e la destra non ha bisogno di questo segmento reazionario”. “D’altra parte – incalza l’autore con la consueta schiettezza – continuare a vivere con un pantheon di riferimento culturale incompatibile, fa andare in un vicolo cieco”.
Scrive rossi nell’incipit del volume: “Intorno al 1970, quando ho ‘incrociato’ Evola, non avrei mai immaginato che il suo mito, tra un fraintendimento e un altro, potesse sopravvivergli a lungo. Sbagliavo. Se si cerca con google ‘Evola’ appaiono sullo schermo piu’ di novemila pagine. Piu’ omaggi al maestro che analisi critiche”. E ricorda ancora: anche se “conservavo gelosamente quelle edizioni de ‘gli uomini e le rovine’, ‘orientamenti’ o ‘rivolta contro il mondo moderno’, a me Evola diceva quasi nulla. Girava pure la voce che portasse jella. Mi sembrava lontano. Ti portava altrove mentre volevi vivere nel mondo”. E tuttavia “mi ha insegnato qualcosa: che anche la modernita’ va guardata con spirito critico, che il fascismo non era la ‘vera destra’ che intendeva lui. E un’altra cosa ancora piu’ importante: che il fascismo era stato un episodio, ed era privo di senso averne nostalgia. Punto”. Nel concreto, Scipione Rossi passa in rassegna le varie interpretazioni del razzismo evoliano per affermare a rigore di fonti che “al di la’ dei distinguo, la posizione radicalmente razzista/antisemita di Evola appare una costante della sua dottrina.
Anzi per certi versi puo’ essere definita uno dei cardini fondamentali del suo pensiero, che nel corso degli anni e a seconda delle circostanze – anche politiche – si precisa in formule parzialmente diverse, senza tuttavia perdere il suo nucleo centrale”. Del resto, fa notare lo studioso, Evola filosofo “Non ha dedicato al razzismo un paio di libri e qualche articolo. I libri specifici sono quattro, gli interventi e gli articoli centinaia, nell’arco di un quarantennio”.
Un filosofo che ha lavorato sodo, insomma, accanto a giovanni preziosi sulla questione della razza pura. ma anche un pensatore “che dialogava con Himmler e frequentava i castelli delle SS”. anche su questi temi di confine, dunque, i suoi testi “sono materiale da maneggiare con cura”. Sta di fatto che questo contributo, a volte acerbo e asciutto, in altre pagine profondo e anche molto ironico, dimostra – al di la’ della possibile accoglienza del pubblico dei lettori non solo di area – che 2 Evola non e’ ne’ puo’ essere patrimonio di una ristretta casta di esegeti o ‘iniziati’ che sembrano destinatari di tutti i segreti del ‘cammino del cinabro’. Evola, al contrario, e’ un filosofo il cui pensiero appartiene a tutta la storia dell’occidente, prendendo rivoli diversi per quante differenti ermeneutiche possa suscitare quel fuoco di brace che continua ad affascinare. Del resto, lo ricordava Adriano Romualdi, Evola non autorizzo’ nessuno a considerarsi suo ‘discepolo’. Da segnalare infine, ma non da ultimo, il post scriptum di Scipione Rossi, intitolato ‘La destra, Evola e l’incubo della tribu’: una ‘avvelenata’ in cui ce n’e’ per tutti. ma scritta davvero bene. (red/ct/adnkronos) 02-apr-07 18:29
GERARDO PICARDO
su “AdnKronos”, 2 aprile 2007