Biografia di un intellettuale metà storico e metà politico
Gaetano Salvemini moriva cinquant’anni fa. Dopo mezzo secolo viene pubblicata dal Mulino una biografia completa e dettagliata dello storico e politico meridionale. A scriverla è Gaetano Quagliariello, anch’egli storico, anch’egli politico e meridionale. E il libro risulta come la fine del lungo percorso che Quagliariello ha compiuto negli anni verso una conoscenza sempre più minuziosa e approfondita del pensiero e della vita di Salvemini. Rimettendo mano ad alcuni suoi saggi – ed aggiungendone di nuovi – Quagliariello ha dato vita ad un libro non scontato ma interpretativo e rilevante, che gli ha permesso di articolare una biografia politico-intellettuale che si sofferma anche su aspetti talvolta trascurati e che invece hanno appassionato Quagliariello da sempre nella valutazione del Professore di Molfetta: primo fra tutti la riflessione salveminiana sulla forma-partito, poi la dimensione politica e intellettuale di stampo europeo (e non solo italiana, o addirittura meridionale come a spesso si è detto).
Dall’analisi dei rapporti di Salvemini con Moise Ostrogorski e Piero Gobetti, Elie Halévy e George Bernard Shaw, fino a quelli con Guglielmo Ferrero, Quagliariello ha evidenziato il respiro moderno e internazionale del suo pensiero e del suo impegno politico. Ha inoltre affrontato due temi generalmente tralasciati dai biografi: il rapporto con la religione, il cattolicesimo e il Vaticano, e il giudizio sui partiti italiani del secondo dopoguerra. Questioni di non facile argomentazione per le loro molte sfaccettature e possibilità interpretative, ma affrontate dall’occhio esperto dello studioso anche grazie ad un uso scrupoloso e sapiente delle fonti. E per di più materie assolutamente attuali, vista l’attenzione della riflessione politica odierna ai rapporti tra cultura cattolica e cultura liberaldemocratica.
Ecco dunque il primo socialismo e poi la fuoriuscita dal marxismo e dal Partito socialista; i rapporti di contatto e di distanza con Gobetti, e le posizioni di entrambi di fronte al fascismo; ecco il Salvemini antifascista e anticomunista; ecco il periodo statunitense. Ecco un ritratto a tutto tondo che dedica, come si accennava, un intero capitolo inedito alla complessa parabola verso l’anticlericalismo: Quagliariello fa notare, in questo percorso, un progressivo allontanamento dal cattolicesimo nel quale si era formato da adolescente e un’attenzione che resterà sempre costante al problema morale e al Vangelo, il cui valore etico non mise mai in dubbio. Salvemini fu inoltre sempre interessato alle vicende legate al Vaticano, disapprovando peraltro l’anticlericalismo massonico del Partito socialista. Di fatto furono i Patti Lateranensi a rappresentare la discriminante nel passaggio verso un anticlericalismo militante. E di certo in questo iter influì la contestazione di Salvemini al regime mussoliniano, nonché la sua naturale opposizione alle compromissioni della Chiesa col fascismo e la sua naturale predisposizione verso la spiritualità che andava di pari passo con una sempre maggiore critica verso le istituzioni ecclesiastiche. Queste posizioni emergono anche nell’altro saggio inedito che chiude il libro di Quagliariello: quello che analizza la valutazione di Salvemini sul sistema politico del secondo dopoguerra e sui partiti italiani. Un giudizio non scevro di problematicità, analogo alle difficoltà di tutto il mondo laico di fronte ai due grandi partiti che avevano dominato la politica italiana. Un giudizio capace di preconizzare concetti quali la partitocrazia e la morte della patria.
Dunque Quagliariello offre un profilo completo e a tratti originale del politico pugliese, una visione non offuscata da forzature ideologiche in cui sa interpretare e spiegare le diverse anime che convissero nella vicenda politica del Professore. Egli stesso ammette che nella scelta delle questioni affrontate, nella sensibilità nei confronti di alcuni argomenti piuttosto che verso altri è stato influenzato dalle «preoccupazioni politiche» contingenti. «Lo ritengo inevitabile» riconosce nella prefazione «Non soltanto perché la storia è sempre storia contemporanea ma perché essa, ineluttabilmente, riflette pure i punti di vista, i giudizi e i pregiudizi dei suoi interpreti. Sono sicuro che, almeno su questo punto, Salvemini converrebbe con me e mi considererebbe, non so se un bravo storico, ma quanto meno uno storico onesto». Storico intelligente e vero, aggiungeremo noi.
MARIA TERESA PETTI
«L’Occidentale», 23 settembre 2007