Ma l’antisemitismo di Evola non va sottovalutato.

«Evola era un razzista totalitario. Fu lui stesso a definirsi tale. La sua teoria razzista e antisemita è originaria, è una componente fondamentale del suo pensiero». A parlare è Gianni Scipione Rossi autore di un libro appena pubblicato dall’editore Rubbettino intitolato proprio “Il razzista totalitario. Evola e la leggenda dell’antisemitismo spirituale” (pp. 126, Euro 9). Un testo agile, che contribuisce a rendere ancora più scottante la polemica che da giorni imperversa nei riguardi del “Barone nero”. Ieri Gianfranco De Turris, presidente della Fondazione Evola, intervistato su Libero da Mario Bernardi Guardi, invitava a riscoprire l’opera del filosofo e pittore dadaista, senza ancorarsi al pregiudizio secondo cui Evola sarebbe prima di tutto un razzista e un antisemita. «Ha lasciato una traccia di originalità, anzi, di genialità», ha detto. L’opinione di Rossi è piuttosto diversa. «Ognuno è libero di coltivare le proprie perversioni intellettuali» spiega «ma non credo che sia legittimo spacciare un razzista per qualcosa che non è».

Il suo libro tende a smontare quella che Rossi chiama «la leggenda dell’antisemitismo spirituale, che gli evoliani» spiega «chiamerebbero “mito” ma che in realtà è antisemitismo vero e proprio».

«Evola articola tre forme della razza: quella dello spirito, quella dell’anima e quella del corpo» prosegue «E pretende che la sua teoria sia meno esecrabile del razzismo biologico. In realtà tutti i testi evoliani evidenziano che dietro questa teoria ammantata di concetti elevati c’è una concezione non molto diversa da quella di un qualsiasi razzista dell’800».

Secondo Rossi, Evola sarebbe prima di tutto un determinista che elabora una distinzione fra razze superiori e inferiori, dove le inferiori non possono in nessun modo salire di grado.

«E addirittura più esigente» continua «perché non verifica soltanto l’aspetto fisico degli individui, ma anche quello interiore, lo spirito». In alcuni aspetti, il razzismo spirituale di Evola verrebbe a coincidere con alcune posizioni espresse da Adolf Hitler nel “Mein Kampf”, ad esempio quando il Führer scrive: «Quello che rende eterno l’ideale di bellezza greco è la splendida armonia di una radiosa bellezza fisica con uno spirito ammirevole e un’anima pregiatissima».

Ma non è tutto. Rossi riflette anche sull’opportunità di un recupero da parte della destra di oggi del pensiero evoliano.

«Il quale esprime una visione della storia radicalmente reazionaria, fondata sul concetto di decadenza dell’Occidente. Ci si trova di fronte a un rifiuto totale della modernità. Mi chiedo se questa concezione possa essere utilizzata come retroterra di una destra moderna e riformatrice».

Una posizione critica che a molti non piacerà, specie dopo che l’intellettuale romano è stato sdoganato anche a sinistra (Repubblica dedicò ad Evola un lungo articolo sostanzialmente positivo, qualche mese fa).

«Non sostengo che Evola non vada letto» precisa Rossi «credo anche che non si possa accusarlo di aver armato i terroristi di destra negli anni Sessanta e Settanta. Il dato fondamentale, però, non è questo. Evola cercò di cavalcare l’onda dell’antisemitismo alla fine degli anni ’20 e non ritrattò mai le sue posizioni. Ancora negli anni ’60 si preoccupava del fatto che comparisse in televisione Lola Falana, ballerina di colore che secondo lui suscitava istinti animaleschi nel maschio. Ognuno è libero di esprimere le proprie opinioni, ma in me prevale il ribrezzo per quel modo di porsi nei confronti della realtà di cui si sono compiaciuti gli italiani di una certa generazione».

INTERVISTA DI FRANCESCO BORGONOVO
A GIANNI SCIPIONE ROSSI
In «Libero», 11 Aprile 2007