Simonetta Bartolini, L’epica della Grande Guerra. Il fallimento degli intellettuali (Luni Editore 2015)

Giovedì 11 febbraio 2016 è stato presentato il volume di Simonetta Bartolini, L’epica della Grande Guerra. Il fallimento degli intellettuali (Luni Editore, 2015).

Un’inutile strage come disse Benedetto XV o il grande lavoro della modernità?
Con il suo volume, Simonetta Bartolini ha tentato di fornire all’interrogativo se la Grande Guerra abbia rappresentato un’inutile strage o il grande lavoro della modernità. Lo ha fatto ricorrendo a memoriali, diari e romanzi di letterati, intellettuali e artisti europei che parteciparono in massa al primo conflitto mondiale su ogni fronte. L’entusiasmo della partenza fu la cifra comune, seppure con motivazioni diverse, e altrettanto comune fu lo sbalordito orrore nel ritrovarsi in una guerra dei materiali che toglieva ai soldati ogni possibilità di protagonismo eroico e uccideva, oltre a un numero sproporzionato di uomini, l’ideale antico del campo di battaglia come agone dove si provava la virtù guerriera dell’uomo.

La diabolica alchimia di guerra di posizione e di macchine, provocava negli scrittori la drammatica percezione della vera cifra della modernità e la sua imprevista contraddizione nel momento in cui essa passava dal piano estetico-teorico a quello della pratica bellica. La Bartolini ha così ben evidenziato come quella modernità – cantata e invocata dalle avanguardie culturali – si rivelava, alla prova dei fatti, un contrappasso drammatico.

Si rivelava così il nodo ideologico più complesso della Grande Guerra, poiché quell’ansia di modernità finiva per coincidere con la strage di uomini. Era il fallimento degli intellettuali che non avevano previsto quale sarebbe stato il risultato della combinazione fra i mezzi offerti dalla modernità e l’uso che l’uomo ne avrebbe potuto fare.

 

 

 

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