Fernando Riccardi, Klitsche de la Grange. Un colonnello prussiano contro la rivoluzione italiana, D’Amico Editore, Nocera Superiore 2017
// Ci si immerge in un’altra epoca con la lettura di questa biografia di un personaggio a torto quasi assente dalla storia dell’Ottocento italiano. L’epoca dell’Europa dei sovrani e non dei popoli, si può dire, nella quale nu- merose sono state le figure di questo tipo e, tra queste, Theodor Friedrich Klitsche de la Grange (Magdeburgo 1797 – Roma 1868) non è tra le meno interessanti. Figlio naturale del principe Luigi Ferdinando di Prussia e della contessa francese Maria Adelaide de la Grange, adottato dal barone Bernhard von Katte, fu giovane ufficiale volontario nell’esercito prussiano negli anni delle guerre napoleoniche. Tornato alla vita civile si dedicò agli studi in legge e si convertì al cattolicesimo. Si trasferì poi a Roma, lavorando sia come agente diplomatico del ducato di Anhalt sia al servizio della corte pontificia. Nel 1831 è capitano dell’esercito papale. Nel 1848 fu l’ultimo coman- dante della Rocca Paolina di Perugia. Negli anni Cinquanta passa al servizio di Ferdinando II delle Due Sicilie. Il periodo borbonico è il più interessante della sua vita. Protagonista della spedizione militare del 1860 in Abruzzo, si dedicò agli studi strategici e fu un teorico di quella che oggi definiremmo “intelligence”. «Il Sovrano non solo ha il diritto ma ha anche l’obbligo di conoscere tutto», scriveva nel 1859. Da qui la necessità di individuare agenti «d’una vigilanza segreta», «astuti come il serpente». Lucido nell’analizzare lo scarso sentimento risorgimentale dei sudditi napoletani, non mancò, anche con corrispondenze sulla bavarese “Gazzetta di Augusta”, di sottolineare la necessità di modernizzare il Regno delle Due Sicilie. Soldato, analista, giornalista, esperto di spionaggio, Klitsche resta fedele alla percezione degli Stati come “proprietà” del Sovrano legittimo, senza alcuna simpatia per il nazionalismo romantico. Il 10 novembre 1860 scrive a Francesco II dichiarandosi ancora a disposizione. La missiva si conclude così: «E bagiando con religioso omaggio la Sacra e Augusta mano mi riprotesto con fida sudditanza Sire della Sacra Reale Maestà Vostra umil servo e fedel suddito». Mentre il mondo cambiava, Klitsche rimaneva orgogliosamente legato a quello in cui era nato. L’autore ha potuto opportunamente farne emergere dall’oblio la vita e le opere grazie ad una rigorosa ricerca nelle fonti conservate nell’Archivio Borbone, presso l’Archivio di Stato di Napoli. È un peccato che il lavoro sia oberato da considerazioni superficiali che lo collocano nell’acritico e “ideologico” filone culturale neoborbonico e anti risorgimentale.
da “Annali della Fondazione Ugo Spirito”, a. 2018, XXX