La questione settentrionale fra dualismi territoriali e trasformazioni economiche

di Filippo Sbrana

//Nel dibattito pubblico italiano la cosiddetta “questione settentrionale” diventa un tema di rilievo nel 1992, a seguito della significativa affermazione della Lega Nord nelle elezioni politiche. Non è un evento improvviso ma il punto di arrivo di un processo almeno ventennale, che in un lasso di tempo relativamente breve contribuisce a determinare due avvenimenti di grande rilievo nella storia dell’Italia repubblicana: il passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica e la rapida scomparsa dalle priorità del Paese della questione territoriale che aveva lungamente caratterizzato la storia italiana, quella meridionale.
Si tratta di una vicenda complessa, che vede convergere elementi economici e sociali ma anche politici e culturali, dinamiche locali e problemi nazionali, dati oggettivi e percezioni soggettive. Generalmente viene analizzata dagli anni Ottanta, perché in quella fase si manifesta il fenomeno leghista, che a lungo ne rappresenta «il riassunto, lo specchio e l’attore principale». Tuttavia, in una lettura d’insieme del fenomeno, gli avvenimenti degli anni Settanta rappresentano una premessa imprescindibile per comprendere la questione settentrionale. All’origine infatti vi sono i rapidi e rilevanti cambiamenti economici intervenuti alla metà degli anni Settanta, ai quali seguono risposte politiche inadeguate che generano nel Nord un forte “malessere”. Questo si diffonde in larghi strati della popolazione delle regioni più ricche, di fronte ad uno Stato centrale percepito come assente o addirittura come ostacolo per lo sviluppo economico e l’amministrazione del territorio, favorendo progressivamente l’esaurimento di una visione unitaria e solidale del Paese. L’intento di questo contributo è di mettere a fuoco le premesse economiche e sociali della crisi fra Nord e Sud, la diffusione di un crescente malessere nella società settentrionale e le conseguenze politiche che s’inter- secano con il crepuscolo della Prima Repubblica.

Crisi economica, regioni e malessere verso il Sud
La questione settentrionale è una vicenda relativamente recente, ma ha radici antiche. La polemica contro il centralismo dura infatti da lungo tempo, in un’area del Paese particolarmente proiettata nella sfera economica, venata d’insofferenza verso uno Stato percepito come burocratico, lontano da istanze di matrice produttive e accentrato. Già nell’età liberale, trasversalmente alle sue diverse componenti laiche e cattoliche, il pregiudizio verso il centralismo è forte. Eppure si accompagna alla scelta di non impegnarsi politicamente in prima linea a livello nazionale, nonostante la vita politica locale sia vivace e generatrice d’importanti innovazioni. Ci sono alcune eccezioni, ma in linea di massima le elite settentrionali – in modo particolare milanesi e lombarde – preferiscono dedicarsi alle attività economiche o all’impegno politico locale, piuttosto che all’amministrazione dello Stato.
In età repubblicana, le origini della vicenda sono negli anni Settanta e s’incardinano in due vicende fra le più importanti di questo decennio: la prima è la pesante crisi economica che investe il Paese, l’altra è l’attuazione dell’ordinamento regionale, di cui si dirà nelle pagine seguenti. La crisi prende le mosse dallo shock petrolifero del 1973, che s’innesta sulle turbolenze seguite all’inconvertibilità del dollaro e in Italia si somma ad altri elementi di fragilità dell’economia. È una vicenda fortemente periodizzante nella storia economica e non solo.

[…]

Il saggio integrale in “Annali della Fondazione Ugo Spirito”, a. 2012-2013, XXII-XXIII, pp. 69-90.

Costruzione di una tradizione: l’Aeronautica militare e la nascita di un pantheon mitopoietico (1923-1937)

di David Rettura

//L’Aeronautica è impegnata sin dalla sua fondazione, nel 1923, in un compito tutt’altro che marginale per una forza armata: tra i suoi ranghi vi è una sicura e precoce consapevolezza di dovere costruire un sistema di miti e tradizioni che possano stare a supporto dei valori che essa ha scelto di veicolare; nel caso particolare dell’Arma Azzurra questi sono poi contigui a quelli del governo dell’epoca. Tutto questo avviene principalmente attraverso l’utilizzo della tradizione maturata dagli aviatori italiani durante la Prima Guerra Mondiale, quando ancora facevano parte dei ranghi dell’Esercito e della Marina, e di questa tradizione la punta di diamante era rappresentata dalla figura di Francesco Baracca, che degli aviatori italiani era stato il più famoso; non mancarono però i tentativi di costruire una mitologia del tutto autonoma e questi proseguirono sino alle soglie del secondo conflitto mondiale.
Il bisogno di statuire il carattere di nazionalità e necessità dell’arma aerea è sentito da subito e lo fa Rodolfo Gentile, allievo dell’Accademia, sulle pagine della «Rivista Aeronautica» nell’agosto del 1925, quando affidando alla penna le sue riflessioni di giovane militare si lascia andare all’epica perché

<si è accoppiata alla conquista dell’aria qualche cosa di non meno sublime: la Patria. E, sorella ultima ma non meno gagliarda delle altre armi, l’Aeronautica vola per i nostri colori, per la difesa delle nostre città, ed il rispetto della nostra Nazione, per la nostra vittoria immancabile>

e risulta evidente che le imprese militari aeronautiche

<hanno motivi lirici superbi, che nelle guerre moderne non si incontravano più. Prima degli ”Assi” luminosi nella loro aureola di gloria, bisognava cer- care spunti di eroismo nelle gesta dei cavalieri senza macchia, fra i puri eroi cristiani del lontano medio evo, o piuttosto fra gli eroi omerici dell’Ellade antica, i quali più si avvicinano nella loro compiuta perfezione eroica ai volatori di oggi>.

Ancora più importanti le parole che compaiono nel dicembre del 1925 sulla «Rassegna Italiana», e che vengono ripubblicate sulla «Rivista Aeronautica» con il titolo L’arma dell’aria: portano la firma di Ruggero Piccio, che era all’epoca Capo di Stato Maggiore della Regia Aeronautica ed era stato nel conflitto mondiale tra gli Assi.

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Il saggio integrale in “Annali della Fondazione Ugo Spirito”, a. 2012-2013, a. XXII-XXIII, pp. 49-67.

Ugo Spirito e l’Iran. In libreria l’inedito del filosofo

È disponibile nelle librerie tradizionali e online l’inedito di Ugo Spirito, Filosofia della grande civilizzazione, a cura e con introduzione di Gianni Scipione Rossi e con una postfazione di Hervé A. Cavallera.

Come sarebbe oggi l’Iran se quaranta anni fa, nel gennaio del 1979, lo Scia’ Mohammad Reza Pahlavi non fosse stato costretto all’esilio e non avesse vinto la rivoluzione islamica degli ayatollah? E quali sarebbero stati gli equilibri nella cruciale area geopolitica mediorientale? Domande senza risposta certa, naturalmente.
È invece oggi possibile sapere come Ugo Spirito avrebbe voluto che fosse, consapevole che il regime di Pahlavi non sarebbe potuto durare senza superare la lunga fase della tecnocrazia autoritaria.

Il libro

Negli ultimi mesi di una vita segnata da una speculazione che tende a inverarsi nell’azione politica, Ugo Spirito ha lavorato a un volume sull’Iran governato da Mohammad Reza Pahlavi. Un libro rimasto inedito nella sua stesura integrale e oggetto, in tempi diversi, di manipolazioni e censure, Conservato nel suo archivio privato, a quarant’anni di distanza il testo appare per la prima volta nella sua versione originale, che rivela il reale pensiero del filosofo.
Lo sforzo compiuto da Spirito è stato volto, nell’autunno del 1978, a comprendere e illustrare criticamente le linee guida della “rivoluzione bianca” dello Scià – avviata nel 1963 – inquadrandole nella storia della Persia e valutandone le possibili evoluzioni, mentre il Paese era sconvolto dalle proteste di piazza sfociate nel 1979 nella rivoluzione islamica guidata dall’ayatollah Khomeyni.

1 febbraio 1979: Khomeyni
sbarca a Teheran

16 gennaio 1979: Reza Pahlavi
e Farah Diba lasciano Teheran

Lo Scià appare a Ugo Spirito come un sovrano illuminato e ne valuta positivamente il sogno di trasformare l’Iran in una sorta di Città del Sole, nella quale regnino l’armonia e la collaborazione tra le classi sociali, nella prospettiva di un intenso sviluppo industriale. Una “città” laica, in cui non vi siano più sfruttatori e sfruttati, ricchi e poveri, proprietari e servi, secondo la tradizione socialista dalla quale, secondo Spirito, lo Scià ha tratto ispirazione per tracciare una “terza via” tra liberismo e comunismo. Per quanto illuminato, Spirito giudica il regime iraniano un dispotismo dittatoriale, errato sul piano teorico e fatalmente destinato a terminare con la scomparsa del suo protagonista.

La IV di copertina: Spirito
nella residenza estiva di Todi

Ugo Spirito (Arezzo 1896 – Roma 1979), è stato uno dei maggiori filosofi italiani del Novecento. Ha insegnato nelle università di Pisa, Messina, Genova e Roma. Accademico linceo, allievo di Giovanni Gentile, fu teorico del corporativismo ed elaborò il problematicismo.
Tra le sue opere: I fondamenti dell’economia corporativa (1932); La vita come ricerca (1937); La vita come arte (1941); Il problematicismo (1948); La vita come amore (1953); Dal mito alla scienza (1966); Memorie di un incosciente (1977).

Gianni Scipione Rossi è direttore del Centro Italiano di Studi Superiori per la Formazione in Giornalismo Radiotelevisivo. È vicepresidente della Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice. Tra i suoi libri: Lo “squalo” e le leggi razziali (2017); Storia di Alice (2010); Il razzista totalitario (2007); Mussolini e il diplomatico (2005).

Hervé A. Cavallera, già Professore ordinario di Storia della Pedagogia, è Professore onorario nell’Università del Salento. Ha curato le Opere complete di Giovanni Gentile.

Rassegna stampa

Rai GrParlamento

Intervista di Carlo Albertazzi

Radio Radicale

Intervista di Giuseppe Di Leo

Adnkronos

https://www.adnkronos.com/cultura/2019/09/12/dopo-caso-blue-girl-esce-rivoluzione-bianca-dello-scia-ugo-spirito_6wuQDRXxpj9sHc0SsLzmtL.html?fbclid=IwAR0aXaG5vIEo6W4a4aSY1qnC2–Mm_AaeRaM8JMuvIsYFDZxzWcMV8BECAc

Giustizia e Investigazione

http://www.giustiziaeinvestigazione.com/ugo-spirito-e-la-rivoluzione-bianca-dello-scia-reza-pahlavi/

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Ugo Spirito, Filosofia della grande civilizzazione. La “rivoluzione bianca” dello Scià, a cura di Gianni Scipione Rossi. Postfazione di Hervé A. Cavallera, Luni Editrice/Fondazione Ugo Spirito e a Renzo De Felice, Milano-Roma 2019, pp. 192, 22 €.
Il volume è acquistabile anche presso la sede della Fondazione.
Per ordinarlo: info@www.fondazionespirito.it; lunieditrice@lunieditrice.comwww.lunieditrice.com

Tra Mazzini e Marx: i repubblicani fuori dal Pri (1948-1952)

Guido Bergamo

di Silvio Berardi

La difficile ricollocazione politica del Partito Repubblicano Italiano, all’indomani dell’8 settembre 1943 e soprattutto del 2 giugno 1946, produsse al suo interno una profonda crisi identitaria risolta, nel 1948, con la definitiva scelta centrista. Una scelta, quest’ultima, che tuttavia finiva per scontentare coloro che ricordavano la tradizione ottocentesca del Partito e la sua collocazione all’Estrema radicale, al fianco delle forze di sinistra, tradizione difesa, nel corso del regime fascista, tra gli altri, dal federalista Arcangelo Ghisleri. Tale posizionamento determinava, ad esempio, profonde perplessità nell’ala sinistra del Pri, il cui programma politico era identificabile nel socialismo mazziniano, già teorizzato da Alfredo Bottai, nel 1908.
L’interpretazione in chiave socialista della dottrina di Mazzini non condusse, in ogni caso, la sinistra del Pri ad una scissione. All’interno del Partito, tuttavia, numerosi erano coloro che ritenevano conciliabili gli insegnamenti del patriota genovese con la dottrina marxista e, dunque, consideravano legittima ed auspicabile un’alleanza con le sinistre.
Così, il 18 gennaio del 1948, il «Giornale della Sera» di Roma, annunciava, in un breve trafiletto, la nascita del Partito Repubblicano Italiano Sociale (Pris), sorto per opera di un gruppo di dissidenti del Partito Repubblicano Italiano e costituito a Venezia, sotto la direzione di Guido Bergamo e di Rino Ronfini, già esponenti di rilievo, sin dalla fine del 1946, della corrente sociale interna al Pri che riteneva la lotta di classe una necessità irrinunciabile per l’emancipazione delle forze del lavoro.
La scissione era la logica conseguenza delle scelte del Pri, emerse nel corso del XX Congresso Nazionale svoltosi a Napoli proprio nel gennaio del 1948, nel quale i repubblicani decisero di continuare a sostenere l’esecutivo De Gasperi, approvando, inoltre, le linee di politica estera del loro ministro Carlo Sforza. Questa prospettiva era stata, del resto, già condannata perentoriamente dai repubblicani sociali, nel novembre del 1947:

Rino Ronfini

< […] si sacrifica il Partito, che fu sempre di estrema, alla tattica parlamentare e si trascina il Partito stesso in pericolose intese e alleanze che ne snaturano lo spirito e ne tradiscono la tradizione sociale. Si porta il Partito fuori strada verso una democrazia radico massonica, invece che nella strada maestra del lavoro>.

Una nota della Prefettura di Venezia del 19 gennaio, nell’annunciare la nascita della nuova formazione politica, ricordava che Ronfini era stato già sospeso dalla direzione del Partito al Congresso regionale veneto tenutosi a Vicenza l’11 dello stesso mese, mentre Bergamo aveva presentato precedentemente le sue dimissioni.
La prima sede del Pris fu stabilita a Venezia, presso l’Associazione Perseguitati Politici; il Partito, che aveva la proprietà del giornale «La Riscossa» di Treviso, poté inizialmente contare sull’adesione di circa 150 iscritti, tutti dissidenti dal Pri.

[…]

Il saggio integrale in “Annali della Fondazione Ugo Spirito”, a. 2012-2013, XXII-XXIII, pp. 7-18.

Newsletter Settembre 2019

Ugo Spirito e l’Iran.
In libreria l’inedito del filosofo

È disponibile in libreria e online l’inedito di Ugo Spirito, Filosofia della grande civilizzazione, a cura e con introduzione di Gianni Scipione Rossi e con una postfazione di Hervé A. Cavallera.

Il libro

Negli ultimi mesi di una vita segnata da una speculazione che tende a inverarsi nell’azione politica, Ugo Spirito ha lavorato a un volume sull’Iran governato da Mohammad Reza Pahlavi. Un libro rimasto inedito nella sua stesura integrale e oggetto, in tempi diversi, di manipolazioni e censure, Conservato nel suo archivio privato, a quarant’anni di distanza il testo appare per la prima volta nella sua versione originale, che rivela il reale pensiero del filosofo.
Lo sforzo compiuto da Spirito è stato volto, nell’autunno del 1978, a comprendere e illustrare criticamente le linee guida della “rivoluzione bianca” dello Scià – avviata nel 1963 – inquadrandole nella storia della Persia e valutandone le possibili evoluzioni, mentre il Paese era sconvolto dalle proteste di piazza sfociate nel 1979 nella rivoluzione islamica guidata dall’ayatollah Khomeyni.
Lo Scià appare a Ugo Spirito come un sovrano illuminato e ne valuta positivamente il sogno di trasformare l’Iran in una sorta di Città del Sole, nella quale regnino l’armonia e la collaborazione tra le classi sociali, nella prospettiva di un intenso sviluppo industriale. Una “città” laica, in cui non vi siano più sfruttatori e sfruttati, ricchi e poveri, proprietari e servi, secondo la tradizione socialista dalla quale, secondo Spirito, lo Scià ha tratto ispirazione per tracciare una “terza via” tra liberismo e comunismo. Per quanto illuminato, Spirito giudica il regime iraniano un dispotismo dittatoriale, errato sul piano teorico e fatalmente destinato a terminare con la scomparsa del suo protagonista.

Ugo Spirito, Filosofia della grande civilizzazione. La “rivoluzione bianca” dello Scià, a cura di Gianni Scipione Rossi. Postfazione di Hervé A. Cavallera, Luni Editrice/Fondazione Ugo Spirito e a Renzo De Felice, Milano-Roma 2019, pp. 192, 22 €.
Il volume è acquistabile anche presso la sede della Fondazione.
Per ordinarlo: info@www.fondazionespirito.itlunieditrice@lunieditrice.comwww.lunieditrice.com

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Convegni 

Fiume cento anni dopo:
convegno internazionale al Vittoriale

Nel centenario dell’impresa di Fiume, dal 5 al 7 settembre 2019 si terrà al Vittoriale degli Italiani a Gardone Riviera il convegno internazionale “Fiume 1919-2019. Un centenario europeo tra identità, memorie e prospettive di ricerca”.

I lavori saranno articolati in tre giornate e gli atti pubblicati a cura della Fondazione Vittoriale degli Italiani. Gli interventi si concentreranno sull’influenza dell’Impresa fiumana sulla politica e sulla memoria, attraverso un approccio comparato tra storiografia italiana e croata.

Tra i relatori Giuseppe Parlato, presidente della Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice, Roberto Chiarini, componente della Commissione Scientifica della Fondazione ed Ester Capuzzo, componente del Comitato scientifico degli “Annali” della Fondazione.

Chiuderà il convegno una tavola rotonda coordinata dal presidente Giordano Bruno Guerri cui parteciperanno gli storici Ernesto Galli della Loggia, Alessandro Barbero, Francesco Perfetti e Maurizio Serra.

Come sottolinea un comunicato, «Il Vittoriale, la dimora monumentale dove Gabriele d’Annunzio abitò dal 1921 alla morte, conserva la più vasta raccolta di fonti riguardanti la storia dell’Impresa. La Fondazione intende promuovere la riscoperta di questo capitolo del Novecento. A Fiume d’Annunzio fu Comandante di una ribellione e capo del movimento politico chiamato “fiumanesimo”. Fu un episodio capace di fondere patriottismo e rivoluzione, il culto dannunziano della bellezza e dell’innovazione culturale, politica e sociale. Un episodio che fu successivamente incluso nella mitologia del fascismo, che si impadronì della sua epopea, dei suoi riti e dei suoi simboli.
La Fondazione intende restituire all’Impresa fiumana la sua complessità storica, condividendo tale riscoperta con la città di Fiume – Rijeka. L’obiettivo è promuovere lo scambio tra ricercatori italiani e croati, nella speranza di sostenere una nuova stagione di studi sul Novecento attraverso una lente internazionale ed europea».

Per info e programma completo: http://web.vittoriale.it

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“D’Annunzio torna a Pescara”: convegni, musica, teatro dal 7 al 15 settembre

Nel centenario dell’impresa fiumana, dal 7 al 15 settembre 2019, la città natale di Gabriele D’Annunzio ospita la manifestazione “D’Annunzio torna a Pescara – La Festa della Rivoluzione”. In programma concerti, recital, mostre e convegni per ricordare e riflettere a 360 gradi sull’opera del poeta.

La Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice sarà presente con il presidente Giuseppe Parlato, che domenica 15 settembre parteciperà al convegno “100 anni dall’Impresa di Fiume”, con Giordano Bruno Guerri, Claudia Salaris e Stefano Trinchese (Aurum, ore 17.30).

Martedì 10 settembre il Florian Metateatro Centro di Produzione Teatrale di Pescara, presenterà il recital “Tutto fu ambito e tutto fu tentato”, a cura di Giulia Basel, con la consulenza del vicepresidente della Fondazione, Gianni Scipione Rossi (Aurum, ore 21.00).

Il programma completo in www.dannunzioweek.it

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Chiusura del bando per nuove ricerche sull’opera
di Ugo Spirito e Renzo De Felice

È scaduto il 31 agosto 2019 il termine per partecipare alla selezione indetta dalla Fondazione per nuove ricerche sull’opera di Ugo Spirito e Renzo De Felice, dei quali ricorre rispettivamente il quarantesimo anniversario della morte e il novantesimo anniversario della nascita.
La selezione era riservata a cittadini italiani in possesso di laurea specialistica o magistrale conseguita a partire dal 1° gennaio 2015 al luglio 2019.
Si è potuto partecipare presentando progetti di ricerca che mirino alla riscoperta, approfondimento e valorizzazione dell’opera del filosofo Ugo Spirito o dello storico Renzo De Felice, esaminati anche nel più ampio contesto della cultura italiana ed europea del Novecento. Pertanto, le ricerche potranno essere svolte lungo due indirizzi di studio, filosofico e storico. Sarà altresì possibile svolgere uno studio di taglio interdisciplinare, al contempo storiografico e filosofico, sempre e comunque inteso a valorizzare le fonti documentarie, bibliotecarie e archivistiche, presenti presso la Fondazione.
Ora le domande pervenute saranno valutate dalla Commissione Scientifica presieduta dal prof. Hervé A. Cavallera e composta dai professori Paolo Simoncelli Umberto Gentiloni Silveri, nonché dai professoriDanilo BreschiGiuseppe Parlato Gaetano Sabatini, quali componenti interni della Fondazione.
Gli esiti della valutazione saranno pubblicati sul sito della Fondazione.

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Nuovamente disponibile il primo fascicolo 2019
degli “Annali” della Fondazione

È di nuovo disponibile il primo fascicolo semestrale degli “Annali” della Fondazione (Anno I, n. 1/2019 XXXI, nuova serie).
I filosofi Ugo Spirito e Giovanni Gentile e il sociologo Gino Germani sono i “protagonisti” del nuovo fascicolo degli “Annali della Fondazione Ugo Spirito”, che ha aperto la nuova fase della rivista fondata nel 1989. Trentuno anni dopo, gli “Annali”, conservando le caratteristiche di rigore scientifico che li hanno fatti apprezzare nel tempo, diventano un periodico semestrale.

Nel quadro delle iniziative che la Fondazione ha in programma nel quarantennale della morte di Ugo Spirito e nel novantesimo anniversario della nascita di Renzo De Felice, il fascicolo si apre con una sezione dedicata al filosofo aretino, curata da Gianni Scipione Rossi. Contiene l’inedito Verso la grande civilizzazione, scritto da Spirito nel 1978, come appendice a un libro dedicato all’analisi e alle prospettive della “rivoluzione bianca” voluta in Iran dallo Scià Mohammad Reza Pahlavi, rovesciato all’inizio del 1979 dalla rivoluzione islamista degli ayatollah. Il libro non è mai stato pubblicato in Italia nella sua integralità e fu al centro di un giallo bibliografico, che il saggio introduttivo intende finalmente chiarire sulla base di una approfondita analisi delle fonti archivistiche.

Nella seconda sezione, “Giovanni Gentile nella cultura italiana”, curata da Rodolfo Sideri e introdotta da Hervé A. Cavallera, trovano spazio gli atti del convegno tenuto in Fondazione sul pensiero del filosofo. Questi i saggi: Il soggetto gentiliano tra esistenzialismo e postmoderno di Rodolfo Sideri; Eternità e divenire dell’atto. La critica di Gentile al relativismo, di Hervé A. Cavallera; La Teoria generale dello spirito come atto puro e la costruzione dell’attualismo, di Massimo Piermarini; El desafío del devenir, di Francesc Moratò; L’ombra del pensato. La teoresi gentiliana dell’errore, di Giuseppe D’Acunto; Vae soli, attualismo e solipsismo, di Tiziano Sensi; L’Enciclopedia di Gentile, di Alessandra Cavaterra.

Gino Germani, un inedito e il suo archivio” è il titolo della sezione dedicata al sociologo italo-argentino nel quarantennale della morte. La sezione è introdotta dalla studiosa argentina Ana Grondona, con il saggioAutoritarismo(s), clases medias y el problema de las generaciones, che introduce lo scritto inedito di Gino Germani presente nel suo archivio, conservato dalla Fondazione: Ceti e generazioni alla vigilia della Marcia su Roma. La sezione è completata dal saggio Gino Germani: la sociología, los viajes, el exilio, nel quale lo studioso argentino Juan Ignacio Trovero dà conto analiticamente del contenuto dell’archivio Germani. Grondona e Trovero, che hanno a lungo esaminato le carte Germani presso la Fondazione, lavorano presso l’Università di Buenos Aires e nell’Instituto de Investigaciones Gino Germani attivo nella capitale argentina.
Il fascicolo presenta inoltre i saggi La genesi del Consiglio Nazionale delle Ricerche (1915-1923), di Andrea Perrone; Il Capodanno perduto del 1947, di Leonardo Varasano; Il fascismo e l’europeismo di Gian Domenico Romagnosi, di Matteo Antonio Napolitano; Un guascone nel Novecento: Valerio Pignatelli di Cerchiara, di Andrea Cendali Pignatelli.

Nella nuova sezione “Note sul Novecento”, Danilo Breschi pubblica Quella voglia di libertà che da Praga brucia ancora e Nicola Rao, 20 luglio 1969, l’avventura che ci fece sognare.
Completano il fascicolo le recensioni, le segnalazioni librarie e le notizie sull’attività della Fondazione.

Per leggere gli Annali è possibile acquistare il singolo articolo, il singolo volume o l’abbonamento annuale, a queste condizioni:
– Singolo articolo (versione pdf): 5,00 €
– Singolo volume (versione digitale): 10,00 €
– Singolo volume (versione cartacea): 20,00 €
– Abbonamento annuale (versione digitale): 20,00 €
– Abbonamento annuale (versione cartacea): 35,00 €
In caso di acquisto del volume cartaceo, l’invio avverrà all’indirizzo segnalato senza costi aggiuntivi.
È possibile pagare utilizzando Paypal, disponibile sul sito nella sezione Pubblicazioni, o attraverso bonifico bancario. Tutte le informazioni sono reperibili a questa pagina: http://www.fondazionespirito.it/annali-della-fondazione/

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Un libro, un autore tra storia e attualità


Presentazione del volume di Maria Teresa Giusti

Martedì 17 settembre 2019 alle ore 17.00, nella Sala della Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice (piazza delle Muse 25, Roma) sarà presentato il volume di Maria Teresa GiustiGli Internati militari italiani: dai Balcani, in Germania e nell’Urss. 1943-1945, Rodorigo Editore 2019.
Con l’autrice intervengono Luciano Zani, ordinario di Storia contemporanea Sapienza, Università di Roma; Franco di Santo, Colonnello dell’Ufficio Storico dell’Esercito; Andrea Ungari, associato di Storia contemporanea Università Guglielmo Marconi e Giuseppe Parlato, ordinario di Storia contemporanea Università degli Studi Internazionali di Roma, presidente Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice.


Il libro
Il volume ripercorre le vicende degli italiani prigionieri nei Balcani tra il 1943 e i primi anni del dopoguerra e il destino degli Internati militari italiani (IMI), catturati dai tedeschi subito dopo l’armistizio italiano dell’8 settembre 1943. Questi ultimi erano i soldati e gli ufficiali appartenenti alle 35 divisioni stanziate in Albania, Grecia e Jugoslavia che dopo l’armistizio si erano arresi ai tedeschi e per la maggior parte si erano rifiutati di continuare la guerra al fianco della Germania e della neonata Repubblica sociale. La massa dei prigionieri, cosiddetti “non optanti”, fu deportata dai Balcani nei campi di prigionia in Germania e nei territori occupati, tra cui la Bielorussia. Per indagare su quest’ultimo caso, oltreché dei documenti raccolti negli archivi italiani, russi e britannici, il volume si avvale della interessante e inedita documentazione bielorussa, consegnata dal governo di Minsk a quello italiano. Si tratta di due cartelle, parte in lingua russa parte in lingua tedesca, dove sulla base di testimonianze raccolte da agenti del Commissariato del popolo agli Affari interni (Nkvd), si ricostruisce il trattamento subito dagli IMI nei campi di prigionia del Reich. L’altro aspetto, trattato nel volume e rimasto a lungo ai margini della ricostruzione storica, è quello relativo alle migliaia di IMI che, “liberati” dall’Armata rossa nel 1944, invece di essere rimpatriati furono deportati nei lager sovietici per rientrare, decimati, in Italia insieme ai prigionieri dell’Armir.
L’autrice
Maria Teresa Giusti è professore associato di Storia contemporanea all’Università “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara. Ha pubblicato I prigionieri italiani in Russia (Il Mulino, nuova ed. ampliata 2014, premio Cherasco Storia, tradotto in russo e in inglese), Una guerra a parte. I militari italiani nei Balcani. 1940-1945 (Il Mulino, con E. Aga Rossi, nuova ed. 2017, premio Ettore Troilo e premio gen. De Cia), La campagna di Russia. 1941-1943 (Il Mulino, nuova ed. 2019, premio Friuli Storia).
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In preparazione il secondo fascicolo 2019
degli “Annali” della Fondazione

È in preparazione il secondo fascicolo semestrale degli “Annali” della Fondazione (Anno I, n. 2/2019 XXXI, nuova serie).
Il fascicolo, ricco di contributi originali, si aprirà con una sezione di “Inediti e studi” dedicata, in occasione degli anniversari, a Ugo Spirito e Renzo De Felice. I contributi di presentazione e approfondimento sono di Giuseppe Parlato, Nota introduttiva a Validità della biografia nella ricerca storica, di Renzo De Felice; Rodolfo Sideri,Filosofia, politica, religione: le ultime lettere a Ugo Spirito (1976-1979); Danilo Breschi, con il saggio Morte della filosofia e sfondamento ontologico. Ugo Spirito in dialogo con Guido Calogero, presenta Guido Calogero e la filosofia del dialogo, di Ugo Spirito.

La seconda sezione conterrà gli Atti del Convegno di studi “La svolta del 1919”, tenutosi nella sede della Fondazione il 13 giugno 2019. Gli autori dei contributi sono: Giuseppe Parlato, Da San Sepolcro a Fiume; Giovanni Dessì, La nascita e il significato del Partito Popolare Italiano; Simonetta Bartolini, Il diciannovismo degli intellettuali; Silvio Berardi, Nitti e la proporzionale, con uno sguardo all’Europa; Andrea Ungari, Il ’19 del Re.

La sezione “Saggi” presenterà in questo secondo fascicolo una serie eterogenea di studi. Questi i titoli presenti:Il Partito repubblicano italiano e la caduta del Muro di Berlino, di Silvio Berardi; Antagonismo alla modernità in Europa sud-orientale: il nazionalismo romeno, di Stefano Santoro; Sozialreform e Berufständische Ordnungnell’opera di Johannes Messner, di Giovanni Franchi; L’evoluzione storica del sistema parlamentare austriaco, di Ulrike Haider-Quercia; Obiettivi e organizzazione della propaganda fascista nelle università inglesi, di Tamara Colacicco; Il fascismo e la mancata rivoluzione antiborghese, di Cristian Leone.
Protagonista della quarta sezione, curata da Gianni Scipione Rossi, sarà invece Attilio Tamaro e, in particolare, il suo rapporto con l’impresa di Fiume. Oltre al contributo introduttivo di Rossi, Giornalista e agitatore: la Dalmazia e il sogno infranto di Attilio Tamaro, la sezione conterrà, dall’Archivio della Fondazione, alcunepagine inedite di Tamaro: Trieste, Fiume, Zara: pagine inedite 1920-1921.
Nella sezione “Note sul Novecento”, Danilo Breschi pubblicherà Tieni a mente Tienanmen e Nicola Rao, La madre di tutte le stragi. Piazza Fontana cinquant’anni dopo.

Completeranno il fascicolo le recensioni, le segnalazioni librarie, la sezione “Dall’Archivio”, con Il Fondo Luigi Romersa presentato da Alessandra Cavaterra, e le notizie sull’attività della Fondazione.

Per leggere gli Annali è possibile acquistare il singolo articolo, il singolo volume o l’abbonamento annuale, a queste condizioni:
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Dichiarato di interesse storico il fondo archivistico
del “Sindacato Sociale Scuola”

La Soprintendenza archivistica e bibliografica del Lazio, con provvedimento del 28 agosto 2019, ha dichiarato di interesse storico particolarmente importante gli archivi del Sindacato Sociale Scuola, depositato nell’archivio della Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice.
Il Sindacato Sociale Scuola fu costituito a Roma nel mese di marzo 1977, per scissione dal Sisme, il sindacato dei dipendenti del personale del Scuola media inferiore e superiore e dell’Università aderente alla Confederazione Cisnal. La Cisnal era all’epoca la Confederazione sindacale indipendente che aveva relazioni di vicinanza con il MSI-Dn. Il segretario generale era il deputato napoletano Giovanni Roberti, uno dei principali esponenti del partito della destra italiana. L’adesione di Roberti alla scissione che portò alla nascita del partito di Democrazia Nazionale fu all’origine dell’iniziativa sindacale da parte di alcuni esponenti critici della scelta di Roberti.
L’archivio del Sindacato Sociale Scuola comprende documentazione relativa al tesseramento, all’organizzazione, all’attività, ai rapporti intersindacali e politici intrattenuti sia dal Sindacato nel suo complesso sia da singoli inscritti; nutrita è la corrispondenza. Sono inoltre conservati gli atti costitutivi e una cospicua raccolta di pubblicistica attribuibile all’area culturale della destra italiana, tra cui periodici di difficile reperimento come «L’Ordine sociale» (1998-2002), «Politeia gnomes» (1995-1998), «Continuità ideale», «Nuovo Fronte» (1992-1998), nonché altri relativi agli italiani d’Africa, quali «Italiani di Libia» (2012-2018), «Il Reduce d’Africa» (2005-2007), «Africus» di Assiret (Associazione Italiani Residenti e Rimpatriati dall’Eritrea ed Etiopia).
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Il nuovo sito della Fondazione è online

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Dichiarato di interesse storico il fondo archivistico del “Sindacato Sociale Scuola”

La Soprintendenza archivistica e bibliografica del Lazio, con provvedimento del 28 agosto 2019, ha dichiarato di interesse storico particolarmente importante gli archivi del Sindacato Sociale Scuola, depositato nell’archivio della Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice.

Il Sindacato Sociale Scuola fu costituito a Roma nel mese di marzo 1977, per scissione dal Sisme, il sindacato dei dipendenti del personale del Scuola media inferiore e superiore e dell’Università aderente alla Confederazione Cisnal. La Cisnal era all’epoca la Confederazione sindacale indipendente che aveva relazioni di vicinanza con il MSI-Dn. Il segretario generale era il deputato napoletano Giovanni Roberti, uno dei principali esponenti del partito della destra italiana. L’adesione di Roberti alla scissione che portò alla nascita del partito di Democrazia Nazionale fu all’origine dell’iniziativa sindacale da parte di alcuni esponenti critici della scelta di Roberti.

L’archivio del Sindacato Sociale Scuola comprende documentazione relativa al tesseramento, all’organizzazione, all’attività, ai rapporti intersindacali e politici intrattenuti sia dal Sindacato nel suo complesso sia da singoli inscritti; nutrita è la corrispondenza. Sono inoltre conservati gli atti costitutivi e una cospicua raccolta di pubblicistica attribuibile all’area culturale della destra italiana, tra cui periodici di difficile reperimento come «L’Ordine sociale» (1998-2002), «Politeia gnomes» (1995-1998), «Continuità ideale», «Nuovo Fronte» (1992-1998), nonché altri relativi agli italiani d’Africa, quali «Italiani di Libia» (2012-2018), «Il Reduce d’Africa» (2005-2007), «Africus» di Assiret (Associazione Italiani Residenti e Rimpatriati dall’Eritrea ed Etiopia).

I Mille si raccontano

di Guido Palamenghi Crispi

L’impresa dei Mille rappresenta certamente l’evento più eroico del no- stro Risorgimento, uno dei suoi pochi momenti militari vittoriosi, fonte per questo di profonde emozioni e vastissima letteratura. In un ampio ventaglio di modalità, quasi tutti quelli che avevano sognato l’Unità si erano uniti ai Mille eroi partiti da Quarto. Al Volturno erano circa 25.000 e di ben pochi sappiamo i nomi. Può quindi sembrare quasi un assurdo che, pur conoscendo pochissimi nomi degli eroi dell’Esercito Meridionale, si conosca invece il nome di uno di quelli che scesero a Talamone rifiutandosi di combattere sotto la bandiera con la Croce Sabauda: Vincenzo Brusco Onnis, convinto mazziniano e futuro Direttore de “L’Unità Italiana”, foglio di assoluta fede mazziniana, sempre fedele al progetto repubblicano. Il tema della forma di Governo aveva serpeggiato in tutto il Risorgimento, spesso con gravi ripercussioni, in questo caso limitate all’abbandono della Spedizione del solo Onnis secondo alcune fonti, di lui e pochi altri secondo altre.
L’eco suscitata dall’impresa diede subito vita a una vasta letteratura e storiografia. Il primo libro uscì già nel 1861, a pochi mesi dalla conclusione della liberazione del Meridione. La Spedizione dei Mille, Storia documentata della Liberazione della Bassa Italia (Osvaldo Perini, F. Candiani, Milano 1861) è un libro importante soprattutto perché si basa, e sovente richiama, i diari dei volontari. La citazione dei diari, anche se a volte anonimi, rende questo volume prezioso per la ricostruzione degli eventi.
Molti dei primi volumi sui Mille sono a metà strada tra la riflessione storica e la letteratura epica, così come le testimonianze iconoclastiche spaziano da pitture apologetiche alla fredda realtà fotografica.
Non deve stupire quindi che, seppur con molte perplessità e con tempi molto lunghi, alcuni dei Mille trasformarono in libri i loro appunti, i loro ricordi; oltre le più famose testimonianze di Cesare Abba e Giuseppe Banti, si aggiungono quelle che altri dei Mille ci hanno lasciato, pur se meno cono- sciute. Fra di esse emerge quella che uno di loro definì la Spedizione “la mia gita di piacere”, ma su questo personaggio tornerò in seguito.
Prima di passare in una breve rassegna i contributi letterari, desidero soffermarmi sull’opera del poco conosciuto Giuseppe Nodari. Docente incaricato di medicina legale all’università di Padova, noto soprattutto per le sue tavole anatomiche estremamente curate e chiare, fu anche e soprattutto uno dei Mille.

[…]

Il testo completo in “Annali della Fondazione Ugo Spirito”, a. 2012-2013, XXII-XXIII, pp. 19-30.

Un guascone nel Novecento: Valerio Pignatelli di Cerchiara

Valerio Pignatelli

di Andrea Cendali Pignatelli

//La figura di Valerio Pignatelli di Cerchiara mi ha sempre affascinato. Nato a Chieti nel 1886, ufficiale di cavalleria, pluridecorato al valor militare, ha avuto un’esistenza avventurosa fra guerre, fascismo ed intrighi politici di ogni genere. Ha partecipato alla campagna di Libia, al primo conflitto mondiale confluendo nei reparti degli Arditi d’Italia, alla guerra d’Etiopia nel 1935-36 ed a quella civile di Spagna nel 1938. Addetto diplomatico in Russia nel 1924, ha avuto incarichi in vari paesi per conto del Ministero degli Esteri. Giornalista e romanziere, ha fondato e diretto il periodico “l’Ardito d’Italia” ed è stato autore di cine-romanzi scritti negli anni Trenta del secolo scorso e pubblicati da Sonzogno, per ricalcare le avventure e le gesta di Andrea Pignatelli di Cerchiara, suo antenato, generale napoleonico al fianco di Gioacchino Murat. Aderì alla Rsi sul finire dell’era fascista, e fu poi tra i promotori della costituzione del Msi nel 1946, per distanziarsi subito dopo dalla compagine. Ritiratosi a vita privata, è morto a Sellia Marina, in Calabria, nel 1965. 
Ho sintetizzato in poche righe una vita intensa ed avventurosa, che varie fonti bibliografiche riportano più estesamente, con la ricchezza di più particolari. In questa sede mi fa invece piacere – e probabilmente riesco a dare un contributo di conoscenze ed informazioni nuove – ripercorrere tutto un epistolario, a me pervenuto, di Valerio con la madre, Emilia Pignatelli Valignani, la sorella Maria ed il cognato Antonio Basile, detto Nino, generale medico nell’esercito, oltreché con diverse altre persone con cui ha avuto consuetudine di rapporti. Conoscenze e informazioni pervenutemi anche dai racconti e dalle descrizioni fattemi dalla sorella Maria, per me nonna per aver cresciuto mia madre Andreina Pignatelli, detta Dedée, dopo che questa era arrivata a Chieti nel 1917, orfana di Andrea Pignatelli, caduto sul campo di Monastir, in Serbia, nella Grande Guerra; oltre che madre adottiva per aver adottato mia sorella Micaela, detta Miky, e me nel 1965. Conoscenze forse lievitate per essere state tramandate oralmente da una sorella orgogliosa delle gesta del fratello, ad un nipote tutto orecchi e curioso oltre ogni li- mite: ma pur sempre una base per informazioni ed aneddoti altrimenti persi.
Alcune lettere, datate fra il 1907 ed il 1913, rivelano una giovanile vena poetica di Valerio, che anticipa le successive esperienze di giornalista e romanziere, maturate negli anni Trenta.

[…]

Della partecipazione di Valerio al Primo Conflitto Mondiale non vi sono tracce molto estese nel suo epistolario a me pervenuto. Da una lettera alla Madre scritta dalla Zona d’Armistizio nel 1918 senza citare giorno e mese – certamente dopo il 27-28 ottobre, dato che nella lettera si fa riferimento alla sua «compagnia che ancora risente della violenta scossa subita il 27 ed il 28 ottobre per il forzamento del Piave» – sappiamo che è stato proposto per una terza medaglia al valore, a conferma dell’impegno e del coraggio profusi per l’intera durata del conflitto.

[…]

Il saggio biografico in “Annali della Fondazione Ugo Spirito”, n. 1, a. 2019, nuova serie, a. XXXI, pp. 227-253.

Scaduto il bando per le ricerche su Spirito e De Felice

È scaduto il 31 agosto 2019 il termine per partecipare alla selezione indetta dalla Fondazione per nuove ricerche sull’opera di Ugo Spirito e Renzo De Felice, dei quali ricorre rispettivamente il quarantesimo anniversario della morte e il novantesimo anniversario della nascita.

La selezione era riservata a cittadini italiani in possesso di laurea specialistica o magistrale conseguita a partire dal 1° gennaio 2015 al luglio 2019.

Si è potuto partecipare presentando progetti di ricerca che mirino alla riscoperta, approfondimento e valorizzazione dell’opera del filosofo Ugo Spirito o dello storico Renzo De Felice, esaminati anche nel più ampio contesto della cultura italiana ed europea del Novecento. Pertanto, le ricerche potranno essere svolte lungo due indirizzi di studio, filosofico e storico. Sarà altresì possibile svolgere uno studio di taglio interdisciplinare, al contempo storiografico e filosofico, sempre e comunque inteso a valorizzare le fonti documentarie, bibliotecarie e archivistiche, presenti presso la Fondazione.

Ora le domande pervenute saranno valutate dalla Commissione Scientifica presieduta dal prof. Hervé A. Cavallera e composta dai professori Paolo Simoncelli e Umberto Gentiloni Silveri, nonché dai professori Danilo Breschi, Giuseppe Parlato e Gaetano Sabatini, quali componenti interni della Fondazione.

Gli esiti della valutazione saranno pubblicati sul sito della Fondazione.

Sentieri della Foresta Nera. Politica ed ambiente nel pensiero di Martin Heidegger

di Gianmarco Pondrano Altavilla

// Fin dai primissimi decenni del diciannovesime secolo, in coincidenza da un lato con l’emersione della reazione romantica al razionalismo ed all’universalismo illuminista, dall’altro con l’appello sempre più marcato al concetto di nazione in chiave anti-francese, si assiste nelle terre tedesche al montare di un’attenzione diffusa per il paesaggio, soprattutto silvano, percepito come elemento strutturale della Patria (Heimat).
L’avvento tendenzialmente concomitante della Rivoluzione industriale e della Rivoluzione francese, unito al sostrato di decenni di critica alle verità fondamentali che avevano retto la società europea fino ad allora, avevano condotto l’intero continente ad una fase di rivolgimento epocale, percepita dai singoli come un momento di forte smarrimento ed angoscia. Il nuovo sistema economico li sradicava dal proprio lavoro; le idee di Ragione e di critica toglievano loro ogni fondamento di valore terreno ed ultraterreno; la Rivoluzione, esportata all’ombra delle aquile napoleoniche, li privava di un ancestrale struttura socio-politica e della fede in essa. Innanzi a tutto questo, fu facile ricercare in se stessi e nelle proprie esistenze nuovi appigli cui fare riferimento. Nacquero tante «novelle religioni», tanti credi quanti possono essere gli istinti primordiali dell’uomo, certe volte temperati, più spesso misti insieme in combinazioni non sempre coerenti. Il legame con le proprie origini e la propria terra non fece eccezione. Storia e Natura, la propria Storia, e la propria Natura si ersero come ideali capaci di assicurare senso alla vita del singolo, garantendogli (non senza contraddizioni) di conservare la propria (appunto) individualità, se non altro, come membro di un particolare gruppo, di una particolare nazione.
In Germania, nel caso di specie, la «Storia» originaria cui si poteva far riferimento era quella degli antichi Germani, nobilitata e tramandata da Tacito, permeata di riferimenti al culto panteistico della foresta e delle sue forze; la «Natura» per altro verso, intesa come paesaggio incontaminato, privo dell’apporto umano, era quello tedesco dei fitti boschi di conifere e querce.
La nascita dello «spirito nazionale tedesco» nella sua, spesso contraddittoria, comunanza di spinte individualistico-titanistiche e comunitaristiche; di idolatria delle origini della cultura storica del Volk e di culto panteistico della Natura; soprattutto di atteggiamenti ruralistici ed anti-moderni, legati insieme alla diffusa ansia bellicista (che, stanti i canoni della guerra moderna, nulla poteva avere di bucolico) trovava nel mito del paesaggio antico e degli antichi, nella foresta ancestrale, un vistoso punto di fuga e di sintesi.

[…]

Il saggio completo in “Annali della Fondazione Ugo Spirito”, a. 2014-2015, XXIV-XXV, pp. 105-119.