Roberto Pertici, Chiesa e stato in Italia, (Il Mulino) con Giuseppe Parlato

Giovedì 8 ottobre 2009 è stato presentato nell’ambito dei Giovedì della Spirito il volume di Roberto Pertici, Chiesa e Stato in Italia (Il Mulino).

L’incontro è stato introdotto da Giuseppe Parlato, presidente della Fondazione Ugo Spirito. Parlato ha evidenziato alcuni aspetti del lavoro di Pertici, in particolare l’approfondimento del problema dell’introduzione del Concordato del ’29 nella Costituzione repubblicana e gli elementi innovativi rispetto agli studi omologhi, che – secondo Parlato – lo rendono quasi una “storia d’Italia” tout court non solo limitata all’ambito descritto dal titolo ma estesa alle culture politiche del nostro Paese nel confronto con la presenza della Chiesa cattolica.

L’Autore ha ampiamente riassunto il contenuto del proprio lavoro, a cominciare dal rapporto contrastato fra nazione italiana e presenza della Santa Sede all’interno del proprio territorio: una storia dunque intrecciata fra le due istituzioni, che ha generato un problema di identità della nazione e di legittimità. Le risposte a questo problema – secondo Pertici – sono state principalmente due, quella neoghibellina, fortemente anti-ecclesiastica, e quella neo-ghibellina, di segno opposto. Una terza via – evidenzia Pertici – è quella assunta pressoché dal solo Cavour, che cercò di realizzare una separazione fra Chiesa e Stato neo-unitario, con una politica quasi pre-conciliaristica e di forte autonomia dell’una rispetto all’altra, non coronata da successo. I successori del Conte, infatti, perseguirono invece una via neoghibellina.

La svolta nei rapporti fra Italia e Chiesa viene identificata da Pertici con la Grande Guerra: con quel conflitto la Santa Sede abbandona l’aspirazione ad una sua restaurazione temporale attraverso una sconfitta militare dell’Italia. La guerra evidenziò la fragilità diplomatica e la dipendenza della Santa Sede, ospitata su territorio italiano “dato in godimento”, e aprì all’unica ipotesi realistica, ossia la realizzazione di uno Stato a sovranità ecclesiastica, sul modello di San Marino, su un territorio ceduto dallo Stato italiano. Con la fine della guerra, la Conciliazione sembrò ad un passo, ma non fu realizzata per l’instabilità politica dei governi italiani. L’avvento di un governo forte – poi della dittatura – con Mussolini consentì alla Chiesa di “trattare con chi avesse possibilità di andare ad una conclusione”.

Pertici ha quindi sottolineato le necessità e le lacune storiografiche nell’approccio allo studio del Concordato e dei rapporti fra Fascismo e Chiesa, notando che “gli storici della Chiesa non hanno ancora avuto il loro De Felice”. Importanti aspetti dei rapporti fra Roma e il Vaticano sono stati messi in luce dall’Autore durante l’incontro, in particolare lo status di “parte debole” rivestito dalla Chiesa nel Concordato e negli anni successivi, con momenti di forte tensione fra Regime e Santa Sede. Un rapporto di disparità che – argomenta Pertici – è alla base dell’articolo 7 della Costituzione repubblicana, che rende il Concordato patto costituzionale: l’inserimento del Concordato nella Carta, infatti, mise la Santa Sede al sicuro da una possibile denuncia unilaterale dell’accordo da parte dello Stato italiano.

Infine Roberto Pertici ha esaminato il problema della laicità del nuovo regime repubblicano alla luce dell’articolo 7 della Costituzione, con il processo di revisione del Concordato iniziato nel 1967 e durato ben diciassette anni. Il dibattito seguito alla presentazione ha gravitato attorno al rapporto fra Chiesa e Risorgimento, con solo l’apparente paradosso del patriottismo manifestato dal clero italiano dalla Grande Guerra in avanti, i progetti di creazione del micro-Stato vaticano prima del Concordato del 1929 e infine l’evoluzione del partito di ispirazione cristiana in Italia – dal Partito Popolare alla Democrazia Cristiana – con i cambiamenti nella sua classe dirigente e il rapporto contrastato fra essa e l’Oltretevere.

 

Recensioni

Sergio Romano, Chiesa e Stato in Italia. Il sogno fallito di Cavour,
in «Corriere della Sera», 18 settembre 2009

Dino Messina, Libera Chiesa in libero Stato: il sogno di Cavour mai pienamente realizzato,
dal blog del Corriere.it “La nostra storia”

 

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Giovanni Mario Ceci, Renzo De Felice storico della politica (Rubbettino, 2008) con Renato Moro e Giuseppe Parlato

Mercoledì 3 giugno 2009, Giovanni Mario Ceci ha parlato agli ospiti della Fondazione Ugo Spirito del suo saggio Renzo De Felice storico della politica (Il Mulino).

Ceci è stato presentato dal presidente della Fondazione Giuseppe Parlato – che ha sottolineato come il metodo defeliciano non invecchi col passare degli anni – e introdotto da Renato Moro (Università di Roma Tre), che ha evidenziato come il saggio di Ceci sia il primo scritto da un autore di una nuova generazione, che non ha conosciuto direttamente lo storico e che ha applicato a De Felice il suo proprio metodo.

L’autore ha quindi esposto una panoramica sull’opera dello storico reatino. “Complessità” è dunque per Ceci la parola chiave per comprendere il lavoro di De Felice come ricercatore e intellettuale. Egli ha infatti basato il proprio lavoro su un approccio molteplice alla storia, con l’attenzione al dato culturale prima che a quello fattuale e introducendo il concetto che i valori soggettivi degli attori politici sono determinanti come e forse più dell’aspetto classista o del sostrato economico di un dato periodo. Grazie all’influenza di storici come Chabod, Bloch, Febvre ma anche di politici come Gramsci e sociologi come Pareto, De Felice ha introdotto nel suo metodo di lavoro anche l’attenzione per la cultura delle masse, giungendo così ad una visione per tessere o “a mosaico” del racconto storiografico. Un metodo che De Felice ha applicato tanto nel suo grande affresco – incompiuto – della biografia di Mussolini, quanto ai suoi studi giovanili sul periodo giacobino. Uno dei contributi fondamentali di De Felice al nuovo metodo storiografico è quello di aver posto l’accento sul dato culturale piuttosto che sulla lettura ideologica dei fatti e sugli uomini protagonisti degli eventi piuttosto che sui concetti.

Ceci ha quindi evidenziato che De Felice è stato il primo storico italiano a riconoscere l’esistenza di una cultura fascista tout court, ed il primo a fornire delle definizioni di fascismo come cultura, come atteggiamento mentale o stato d’animo. Un’importanza tale – quella dello stato d’animo e dell’atteggiamento mentale – per De Felice, da portarlo al famoso paradosso che molti hanno poi strumentalmente usato per attaccarlo: quello della Rsi, ai protagonisti della quale lo storico riconosce delle aspirazioni patriottiche, ma – per converso – vede poi l’eterogenesi dei fini e i risultati disastrosi, primo fra tutti l’esser causa dello scoppio della Guerra civile.

Ultimo punto messo in luce da Ceci del percorso di De Felice come storico della politica è l’analisi del fascismo come fenomeno duplice, diviso in regime e movimento. Il primo caratterizzato da forza d’inerzia e aspirazioni autoritarie e reazionarie, oltreché da una notevole presenza di fiancheggiatori in ultima analisi antifascisti. Il secondo caratterizzato da aspirazioni totalitarie e vis rivoluzionaria. Due forze fra le quali Mussolini si trova a dover mantenere un equilibrio.

 

Recensioni

Giovanni Belardelli, Quando De Felice per capire il fascismo s’ispirava a Gramsci,
in «Corriere della Sera», 14 ottobre 2008
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Eugenio Capozzi, Il sogno di una costituzione. Giuseppe Maranini e l’Italia del Novecento (Il Mulino, 2008) con Stefano De Luca

Giovedì 7 maggio 2009, la Fondazione Ugo Spirito ha ospitato la presentazione del volume dello storico Eugenio Capozzi (docente di Storia contemporanea presso l’Università degli Studi “Suor Orsola Benincasa” di Napoli) Il sogno di una costituzione. Giuseppe Maranini e l’Italia del Novecento (Il Mulino, 2008).

L’appuntamento è stato introdotto da Stefano De Luca (docente di Storia delle Dottrine Politiche presso l’Università degli Studi “Suor Orsola Benincasa” di Napoli).

La figura del politologo Giuseppe Maranini viene tratteggiata da Capozzi alla luce del suo dato biografico: un uomo che ha attraversato varie esperienze nell’Italia del Novecento, dall’attivismo socialista del padre nella Trento ancora sotto il dominio asburgico all’interventismo nella Grande Guerra; dall’avventura giovanile a Fiume con D’Annunzio alla carriera accademica durante il ventennio fascista nell’ambito della Facoltà di Scienze politiche di Perugia.

Il dopoguerra – quindi – con l’epurazione e la riabilitazione, la critica alla partitocrazia e le esperienze politiche con Randolfo Pacciardi. Maranini rappresenta dunque – per Capozzi – una rara eccezione nel panorama politologico italiano: uno dei pochi pensatori ad aver affrontato con franchezza la mancanza di una discussione aperta sulle cesure costituzionali che l’Italia del Novecento ha attraversato. Il trapasso dal regime liberale a quello del suffragio universale, il trauma della Grande Guerra e quindi l’avvento del fascismo. La sconfitta, la guerra civile e la nascita della Repubblica con la nuova costituzione antifascista, sono tutte rotture traumatiche mai davvero metabolizzate dalla nazione e dalla sua classe intellettuale e politica, che ha sempre evitato un reale dibattito sui principi costituzionali alla base delle varie costituzioni formali e materiali che si sono succedute.

Nonostante le varie fasi attraversate da Maranini, Eugenio Capozzi identifica nel suo pensiero una “idea fissa”, quella della cornice di diritto pubblico che costituisca non un mero fatto formale ma sostanziale e legato alle contingenze sociali, culturali ed economiche di una nazione. Per questo Maranini sarà un intellettuale integrato – ma non organico – al regime fascista, del quale coglierà la necessità come difesa dello Stato dalla disgregazione minacciata dal bolscevismo, e nel dopoguerra si dichiarerà nemico della costituzione del ’48, nella quale vedeva una carta solo formale, incapace di contenere il parlamentarismo. Una presa di posizione che subirà una brusca inversione di marcia allorché – durante la presidenza della Repubblica di Gronchi (1955-1962) – Maranini appoggerà apertamente le tesi del presidente per una totale applicazione degli articoli della Carta nel senso di rafforzamento dell’esecutivo. Rafforzamento delle prerogative presidenziali e obbligo di sfiducia costruttiva rappresentavano per Maranini la via per trasformare una costituzione formale in una sostanziale. Gli ultimi anni della vita di Maranini lo vedono protagonista di una breve esperienza accanto al movimento Nuova Repubblica di Randolfo Pacciardi.

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Giordano Bruno Guerri, Filippo Tommaso Marinetti. Invenzioni, avventure e passioni di un rivoluzionario (Mondadori, 2009) con Aldo G. Ricci, Gianni Scipione Rossi e Giuseppe Parlato

Giovedì 19 marzo 2009, nel quadro de “I Giovedì della Spirito. Un libro, un autore tra storia e attualità“, la Fondazione ha ospitato lo storico e giornalista Giordano Bruno Guerri, autore per Mondadori della biografia Filippo Tommaso Marinetti. Invenzioni, avventure e passioni di un rivoluzionario.

Hanno introdotto l’incontro il presidente della Fondazione Giuseppe Parlato, il vice presidente Gianni Scipione Rossi, e il consigliere Aldo G. Ricci. L’introduzione ha preso le mosse da un intervento dello storico Angelo D’Orsi, duramente polemico col Futurismo. Una polemica che ha permesso a Rossi e Ricci di evidenziare l’impegno di Marinetti e lo spessore internazionale del movimento futurista, che suggeriscono un’interpretazione dell’Avanguardia italiana tridimensionale. Ricci ha quindi ripercorso a ritroso la biografia di Marinetti, partendo dalla sua morte – nel settembre 1944 – paradigmatica di un particolare rapporto con il Fascismo e la Repubblica Sociale ma anche con la religione. Giordano Bruno Guerri ha invece ricostruito la sua metodologia di lavoro nella realizzazione delle biografie di cui è autore, passando quindi ad una forte difesa sia dei caratteri rivoluzionari del Futurismo e di Marinetti sia del suo valore internazionale. L’approfondimento su Marinetti è proseguito sul suo nazionalismo – definito da Guerri un “patriottismo deamicisiano, da Libro Cuore” -, le relazioni fra Marinetti e il fascismo, con il quale ebbe rapporti altalenanti fra critica e integrazione, quindi il suo ruolo nella vita artistica e politica dell’Italia di Mussolini.

Il dibattito che ha quindi coinvolto il pubblico presente nella sala “Renzo De Felice”, inevitabilmente spostandosi sul rapporto fra il fondatore del Futurismo e l’altro grande poeta di cui Guerri è stato biografo, Gabriele D’Annunzio, che ha fornito interessanti spunti e una prospettiva intrigante sulla relazione fra due personalità troppo simili, irriducibili e dunque fatalmente rivali dell’Italia dei primi decenni del XX secolo.

Il dibattito ha toccato anche i rapporti fra Nietzsche e Marinetti e la censura subita dal Futurismo nell’insegnamento scolastico e nella cultura del dopoguerra italiano. Un intervento del diplomatico e scrittore Maurizio Serra ha quindi permesso di chiarire il “razzismo” marinettiano. Un “razzismo” molto diverso dal corrente senso che si dà al termine ma incentrato sull’idea di “uomo futurista”. Un concetto – ha sottolineato Parlato – senz’altro totalitario e parallelo a quello de “l’italiano nuovo” fascista, eppure agli antipodi di ogni becera discriminazione. D’altra parte, ha ricordato Rossi, proprio Marinetti fu tra i pochi intellettuali italiani a criticare apertamente le leggi razziali.

Tra il pubblico, la signora Anna Teodorani e il giornalista Claudio Quarantotto.

 

Recensioni

Marco Innocenti, Filippo Tommaso Marinetti,
in «Il Sole24ore», 6 febbraio 2009

Aldo G. Ricci, Marinetti: cocaina d’Italia,
in «Storia in rete», n. 42, marzo 2009
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Danilo Breschi, Sognando la rivoluzione. La sinistra italiana e le origini del ’68, Mauro Pagliai Editore, 2008 con Giovanni Dessì

Giovedì 15 gennaio 2009, il consueto appuntamento con i Giovedì della Spirito ha ospitato Danilo Breschi, ricercatore di Storia delle istituzioni politiche, per la presentazione del volume Sognando la rivoluzione. La sinistra italiana e le origini del ’68, (Mauro Pagliai Editore, 2008).

L’autore ha tratteggiato la genesi della sinistra extraparlamentare richiamando le innumerevoli matrici culturali che hanno preparato il Sessantotto anticipando la contestazione; Breschi, ha poi illustrato la progressiva maturazione di una posizione sempre più critica e distante dalla sinistra dei partiti e dei sindacati istituzionali. All’incontro ha partecipato Giovanni Dessì, Direttore della Fondazione Spirito.

 

Recensioni

Salvatore Sechi, La sinistra italiana e il ’68,
in “Ragionpolitica.it”, 29 dicembre 2008

Marco Gervasoni, Rivoluzione o reducismo? Contro-agiografia del ’68,
in «il Riformista», 24 dicembre 2008

 

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Roberto Vivarelli, Fascismo e storia d’Italia (Il Mulino, 2008) con Giuseppe Parlato

Giovedì 4 dicembre 2008, I Giovedì della Spirito hanno ospitato lo storico Roberto Vivarelli per la presentazione del suo ultimo volume Fascismo e storia d’Italia, (Il Mulino 2008).

Vivarelli, professore emerito alla Scuola Normale Superiore di Pisa, è esperto di storia del fascismo e autore di numerosi volumi fra i quali ricordiamo Storia delle origini del fascismo (2 voll. Il Mulino 1991); La fine di una stagione, (Il Mulino 2000); I caratteri della storia contemporanea, (Il Mulino 2005).

All’incontro ha partecipato Giuseppe Parlato, Presidente della Fondazione, che ha presentato il volume con una panoramica dei principali nodi critici e teorici relativi all’interpretazione del fascismo. Ampio e vivace il dibattito che ha chiuso l’incontro.

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Stefano Vincenzi, Verso Costantinopoli (Roma, Romagraf 2008) con Giuseppe Parlato

Giovedì 20 novembre 2008, nel quadro del ciclo di appuntamenti “I Giovedì della Spirito“, Stefano Vincenzi ha presentato il volume Verso Costantinopoli. Romanzo storico, (Romagraf 2008).

Il romanzo di Vincenzi, strutturato su un ampio lavoro di ricerca e di documentazione storica, è ambientato nell’Impero romano d’Oriente fra il 913 ed il 927 per snodare il tema narrativo centrale intorno alla crisi bulgara, uno degli aspetti più problematici dell’Impero.

Ha introdotto l’incontro Giuseppe Parlato, Presidente della Fondazione Ugo Spirito.

Stefano Vincenzi, è responsabile della Funzione Compliance di Mediobanca. E’ professore di Mercato Finanziario Europeo presso la Facoltà di Economia della Libera Università degli studi “S. Pio V” di Roma. Autore di numerose pubblicazioni, questo è il suo primo romanzo.

Stefano Tomassini, Storia avventurosa della rivoluzione romana. Repubblicani, liberali e papalini nella Roma del ’48 (Saggiatore 2008) con Giuseppe Parlato e Franco Tamassia

Giovedì 6 novembre 2008, Giuseppe Parlato e Franco Tamassia hanno incontrato Stefano Tomassini per la presentazione del suo ultimo libro Storia avventurosa della rivoluzione romana. Repubblicani, liberali e papalini nella Roma del ’48, (Saggiatore 2008).

Tomassini ha ricostruito le vicende di una delle pagine più significative del Risorgimento con un saggio storico di grande rigore scientifico che non trascura nessun aneddoto per scorrere piacevolmente quasi fosse un romanzo. Nel volume, la storia della Repubblica romana viene sviscerata e documentata in modo analitico e puntuale per essere raccontata con una notevole prosa narrativa.

Stefano Tomassini, giornalista e autore televisivo, è un appassionato studioso di storia contemporanea. Ha scritto numerosi saggi e pubblicazioni, fra le più recenti ricordiamo i volumi: Istria dei miracoli. Viaggio in una terra di mezzo (Il Saggiatore 2005); Amor di Corsica. Viaggi di terra, di mare e di memoria (Feltrinelli 2000). Inviato Rai e caporedattore per gli esteri del TG1 attualmente è autore della trasmissione Ballarò.

 

Recensioni

Federico Geremicca, Cappa e spada ai tempi di Pio IX,
in “La Stampa.it”, 10 giugno 2008

Andrea Paris, Le radici della libertà. Per un’interpretazione del pensiero di Augusto Del Noce (Marietti 2008) con Giovanni Dessì

Giovedì 16 ottobre 2008 per il ciclo di incontri I giovedì della Spirito, Andrea Paris ha presentato il volume Le radici della libertà. Per un’interpretazione del pensiero di Augusto Del Noce (Marietti 2008).

Andrea Paris, insieme a Giovanni Dessì, direttore della Fondazione Spirito, ha illustrato il tema della libertà culturale e politica nell’interpretazione di Del Noce offrendo un’interpretazione suggestiva di uno degli intellettuali italiani più significativi del Novecento.

Paolo Buchignani, La rivoluzione in camicia nera. Dalle origini al 25 luglio 1943 (Mondadori 2007) con Gianni Scipione Rossi

Giovedì 11 settembre 2008 la riapertura del ciclo dei Giovedì della Spirito sul tema Un libro un autore fra storia e attualità ha ospitato Paolo Buchignani per la presentazione del volume La rivoluzione in camicia nera. Dalle origini al 25 luglio 1943, (Mondadori 2007).

Buchignani, studioso e storico del fascismo, ha fornito una visione d’insieme analitica e puntuale degli aspetti tradizionali e rivoluzionari del fascismo delle origini; all’incontro ha partecipato il giornalista e scrittore esperto della destra italiana Gianni Scipione Rossi che ha presentato il volume con una panoramica dei principali nodi critici e teorici relativi all’interpretazione del fascismo.

Paolo Buchignani, storico e scrittore, si occupa di storia politica e culturale del fascismo, è autore di numerosi saggi e volumi fra i quali ricordiamo Un fascismo impossibile. L’eresia di Berto Ricci nella cultura del ventennio (Il Mulino 1994) e la riedizione di Fascisti rossi. Da Salò al PCI, la storia sconosciuta di una migrazione politica 1943-53 (Mondadori 2007).