Pier Franco Quaglieni, Figure dell’Italia Civile (Golem, Torino 2017).

Martedì 13 giugno 2017 è stato presentato, a cura del Comitato 10 Febbraio, il nuovo volume di Pier Franco Quaglieni (membro del Comitato scientifico del C10F) Figure dell’Italia Civile (Golem, Torino 2017).

Per accompagnare il lettore in un viaggio nella storia d’Italia del Novecento, secolo tanto complesso e ricco di sfaccettature, Pier Franco Quaglieni, Direttore Generale del Centro Pannunzio, di cui è stato tra i fondatori assieme ad Arrigo Olivetti e Mario Soldati, descrive alcuni dei protagonisti maggiormente significativi, provenienti dal mondo della storiografia, del giornalismo, dell’economia, della politica e delle istituzioni: figurano tra gli altri Rosario Romeo, Federico Chabod, Adriano Olivetti, Indro Montanelli e Giovanni Spadolini. La narrazione si snoda attraverso un’originale serie di biografie di italiane e di italiani e non mancheranno approfondimenti sulla storia del confine orientale italiano, a partire dalla tragedia di Norma Cossetto, studentessa dell’Ateneo di Padova di cui fu rettore Concetto Marchesi, per giungere alle conseguenze del Trattato di pace del 10 febbraio 1947 e al ricordo del Senatore Lucio Toth, punto di riferimento nel mondo della diaspora giuliano-dalmata recentemente venuto a mancare.

 

Introduzione a cura di: Michele Pigliucci (Comitato 10 febbraio).
Interventi di: Giuseppe Parlato (Presidente della Fondazione Ugo Spirito e Renzo de Felice) e Pier Franco Quaglieni.
Moderatore: Arrigo Bonifacio (Comitato 10 Febbraio).

Mario Avagliano e Marco Palmieri, L’Italia di Salò (Il Mulino, 2017).

Giovedì 8 giugno 2017 è stato presentato il volume L’Italia di Salò, di Mario Avagliano e Marco Palmieri (Il Mulino, 2017).

Il volume pone una serie di interrogativi relativi alla storia della Rsi: quando cadde il regime mussoliniano e l’Italia si divise in due, quanti aderirono alla neonata Repubblica sociale e presero le armi? E quali erano le loro motivazioni e i loro sentimenti? Resoconti di polizia, corrispondenze intercettate dalla censura, diari, memorie e documenti editi e inediti consentono di ricostruire la storia dei fascisti di Salò: i volontari, i coscritti, gli internati in Germania che «optarono» per la Rsi, i prigionieri degli Alleati che rifiutarono di collaborare, le seimila ausiliarie e i fascisti che operarono nelle zone già liberate. In tutto oltre mezzo milione di aderenti, volontari o forzati, che vissero i venti mesi della guerra civile «dalla parte sbagliata».

Mario Avagliano, giornalista e storico, collabora alle pagine culturali del «Messaggero» e del «Mattino». Tra i suoi libri: Generazione ribelle. Diari e lettere dal 1943 al 1945 (Einaudi, 2006) e Il partigiano Montezemolo (Baldini & Castoldi, 2012); con il giornalista e storico Marco Palmieri ha pubblicato, Gli internati militari italiani (2009), Gli ebrei sotto la persecuzione in Italia (2010), Voci dal lager (2012), tutti pubblicati da Einaudi, oltre a Di pura razza italiana. L’Italia “ariana” di fronte alle leggi razziali (Baldini & Castoldi, 2013) e, per il Mulino, Vincere e vinceremo! Gli italiani al fronte (2014).


Introduzione a cura di: Gianni Scipione Rossi (giornalista e Vicepresidente della Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice).

 

  

Gianfranco de Turris, Julius Evola. Un filosofo in guerra 1943-1945 (Mursia, 2016) e Julius Evola e la sua eredità culturale (Edizioni Mediterranee 2017)

Giovedì 11 maggio 2017 sono stati presentati due volumi dedicati da Gianfranco de Turris a Julius Evola. Si tratta di Julius Evola. Un filosofo in guerra 1943-1945 (Mursia, 2016) e la curatela Julius Evola e la sua eredità culturale (Edizioni Mediterranee 2017).

Riportiamo l’articolo scritto da Lorenzo Salimbeni, Evola per sempre
apparso su “Il Giornale d’Italia” del 28 maggio 2017

Julius Evola sta lentamente guadagnando visibilità e considerazione nel panorama filosofico italiano anche per merito dell’infaticabile opera di Gianfranco de Turris, giornalista e segretario della Fondazione Evola, il quale ha recentemente illustrato le sue ultime fatiche letterarie presso la Fondazione Ugo Spirito e Renzo de Felice di Roma.
Ampio, approfondito ed appassionato è stato l’intervento di Rodolfo Sideri, il quale si è soffermato su “Julius Evola e la sua eredità culturale” (Mediterranee, Roma 2017), pubblicazione curata da de Turris che raccoglie gli atti di un convegno cui hanno aderito illustri relatori. A partire da Claudio Bonvecchio, che ha fornito un contributo capace di illuminare la mediazione di De Giorgio e Guenon nel percorso di Evola verso la tradizione di area mediterranea ed il mondo mitico delle origini. Giovanni Casadio, invece, ha ricordato come la lettura spirituale evoliana dell’alchimia sia avvenuta in anticipo rispetto agli studi di Jung, il quale nei suoi scritti in effetti citerà solo un testo in italiano e cioè “Psicologia alchemica” di Evola. Le riflessioni del Barone sull’Islam sono state al centro del saggio di Fabio Marco Fabbri.
“Evola – ha spiegato Sideri – riteneva che la società islamica fosse ben predisposta alla purezza e che fra le due guerre mondiali il concetto di Umma prevalesse sulla scissione fra sunniti e sciiti: deleteria sarebbe stata la decolonizzazione che avrebbe lasciato in eredità i concetti disgreganti di Patria e di Nazione”. Dal saggio di Mario Conetti emerge invece l’attitudine di Evola a privilegiare la dimensione sovrastorica, ma con la consapevolezza di quella storica, tanto che accenni di lavoro storiografico sono presenti in “Rivolta contro il mondo moderno” ed in “Il Mistero del Graal”.
Nel contributo del professor Giuseppe Parlato (moderatore dell’incontro in qualità di Presidente della Fondazione Spirito) viene poi delineato l’approccio politico di Evola, il quale riteneva che in Italia non vi fosse una vera Destra poiché mancava lo Stato gerarchico cui fare riferimento: una volta scissi il concetto di Destra e di Nazione e presentando una dimensione astorica, l’autore di “Orientamenti” esercitò una forte attrattiva verso i giovani della destra radicale.
Ed è firmata da Parlato anche la prefazione di “Julius Evola. Un filosofo in guerra 1943-1945” (Mursia, Milano 2016), accurata ricerca di de Turris, che ha voluto definire la figura storica di Evola, partendo da articoli in cui aveva occasionalmente affrontato alcuni aspetti: “Documenti della Croce Rossa e referti medici mi hanno consentito – ha affermato de Turris – di indicare con precisione la data del 20 gennaio 1945 come quella in cui avvenne il bombardamento in cui Evola rimase gravemente ferito al punto da restare paralizzato”. Prima di questa circostanza, Evola era riuscito a fuggire a piedi da Roma occupata dagli Alleati e a raggiungere, avendo come unico bagaglio una valigia contenente i fascicoli di Ur e di Krur, le zone ancora sotto controllo italo tedesco, ma soprattutto aveva rastrellato molti documenti in varie logge massoniche: era, infatti, suo intento ripristinare filologicamente i rituali dei liberi muratori.
Tornando agli Atti del convegno svoltosi il 29 novembre 2014 (nel quarantennale della morte del filosofo), De Turris ha spiegato di aver “voluto evidenziare come Evola ha influito sulla filosofia italiana, cosa è rimasto del suo insegnamento e cosa ha tramandato nonostante l’ostruzionismo di cui è stato oggetto”.
Rispondendo infine agli spunti forniti copiosamente dal pubblico, il segretario della Fondazione Evola ha quindi specificato che “Imperialismo pagano” non fu scritto come replica alla svolta cattolica del Fascismo rappresentata dalla firma del Concordato con il Vaticano, poiché si trattava di una raccolta di precedenti saggi. Con riferimento all’attualità, è stato poi ridimensionato il riferimento evoliano dell’ideologo di Trump Steve Bannon (“A prescindere dal fatto che Evola era antiamericano, si è trattato di una provocazione del New York Times, che mi ha intervistato usando poi a suo piacimento alcune mie affermazioni” ha spiegato il De Turris), laddove è ben più genuino l’interesse evoliano di Alexander Dugin, traduttore in russo di “Imperialismo pagano” e ritenuto vicino al Cremlino. Circostanza questa che dimostra come le idee di Evola non siano morte e circolino ancora.

Lorenzo Salimbeni

 

De Turris- Evola e la sua eredità culturale

   

   

Giuseppina Mellace, Storie di donne dimenticate. Racconti dalle foibe (Masso delle Fate, 2017).

Giovedì 27 aprile 2017 è stato presentato il nuovo libro di Giuseppina Mellace, con illustrazioni di Pier Toffoletti, Storie di donne dimenticate. Racconti dalle foibe (Masso delle Fate, 2017).

Attraverso parole ed immagini gli autori creano un “tutto” volto a raccontare, in forma delicata e poetica una serie di episodi drammatici vissuti in una delle pagine più tristi della nostra storia recente: le Foibe. Una serie di racconti, frutto della fantasia della scrittrice romana, che sfiorano le tante verità vissute in quei drammatici momenti e che ci introducono alla ipotetica vita di donne che vivranno successivamente la terribile esperienza delle Foibe. Ritratti dolci, quasi familiari dall’epilogo drammatico, illustrati sapientemente dalla mano dell’artista friulano.

Introduzione a cura di: Giuseppe Parlato e Lorenzo Salimbeni (Presidente e Segretario del Comitato scientifico del Comitato 10 Febbraio).

Giuseppina Mellace, insegnante, per la Newton Compton ha pubblicato nel 2014 Una grande tragedia dimenticata, sull’eccidio delle Foibe, con cui nello stesso anno ha vinto il premio “Il Convivio” per la sezione saggistica storica, Delitti e stragi dell’Italia fascista e L’oro del Duce.

 

Mario Mori, Oltre il terrorismo. Soluzioni alla minaccia del secolo (Risk, 2016).

Giovedì 20 aprile 2017 è stato presentato il volume di Mario Mori, Oltre il terrorismo. Soluzioni alla minaccia del secolo (Risk, 2016).
Il volume si focalizza in particolare sulla matrice islamista del fenomeno terroristico. Ripercorrendone la genesi, dai “pensatori del Jihad” d’inizio Novecento fino al Califfo Abu Bakr Al Baghdadi e agli altri principali protagonisti (con un’ampia sezione di schede biografiche e l’ausilio dei dati statistici), Mario Mori analizza i meccanismi all’origine della minaccia in Europa e Medio Oriente e rilegge l’evoluzione storica dei principali gruppi armati, proponendo al lettore soluzioni pratiche su come affrontare, contenere e superare d’ora in avanti questi sempre più pericolosi elementi eversivi.

Introduzione a cura di: Giuseppe Parlato e Silvio Berardi (Professore Associato di Storia contemporanea presso l’Università Niccolò Cusano).

Mario Mori, generale dei carabinieri, è stato capo del Sisde e tra i fondatori dei Ros. Ha pubblicato Servizi e Segreti. Introduzione allo studio dell’intelligence (2015).

Marco Gervasoni, La Francia in nero (Marsilio 2017)

Venerdì 7 aprile 2017 è stato presentato il volume di Marco Gervasoni, La Francia in nero (Marsilio 2017).

Dopo la crisi del 2008, e più di recente con la Brexit e con l’elezione di Donald Trump a presidente degli Stati Uniti, spira nel mondo un vento favorevole a movimenti sbrigativamente catalogati come «populisti». Tra questi, il Front national è senza dubbio il più robusto e vicino al potere in un paese chiave del mondo. Non a caso. Di tutte le destre storiche, quella francese può infatti vantare una continuità senza eguali. Tanto che – sostiene Marco Gervasoni – «non è Marine Le Pen ad aver imitato i populisti europei, semmai è il contrario».

Per capire la cultura politica di cui il lepenismo è l’erede occorre risalire al 1789, l’anno cruciale da cui tutto prende avvio. Dalla Rivoluzione francese, la «matrice della politica contemporanea» che definisce il senso degli schieramenti, si dipana il filo rosso che porta da Napoleone III alla «destra rivoluzionaria» del 1914, con l’ondata di antisemitismo e nazionalismo, dal fascismo francese al collaborazionismo, dalle epurazioni alla guerra d’Algeria, dalla Nouvelle Droite alla nascita del lepenismo, fino alla sua crisi apparente e alla rinascita.

Introduzione a cura di: Giuseppe Parlato (Presidente della Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice) e Simona Colarizi (Professore Emerito di Storia contemporanea presso la Sapienza Università di Roma).

Marco Angelo Gervasoni è Professore ordinario di Storia Contemporanea presso l’Università degli studi del Molise. Tra le sue pubblicazioni più recenti François Mitterrand. Una biografia politica e intellettuale (2007), La tela di Penelope. Storia della Seconda Repubblica (con S. Colarizi, 2012).

Giuseppe Parlato, La Fiamma dimezzata. Almirante e la scissione di Democrazia Nazionale (Luni Editrice, 2017)

Venerdì 31 marzo 2017 è stato presentato il volume di Giuseppe Parlato, La Fiamma dimezzata. Almirante e la scissione di Democrazia Nazionale (Luni Editrice, 2017).

Riportiamo l’articolo scritto da Lorenzo Salimbeni, La ‘Destra dimezzata’ di Democrazia Nazionale
apparso su “Il Giornale d’Italia” del 23 aprile 2017.

Democrazia Nazionale fu un esperimento in anticipo sui tempi oppure un tradimento consumatosi nel 1976 e di lì a poco naufragato? Le ragioni di quella scissione dal Movimento Sociale Italiano risiedono nella dialettica interna o c’è stato un coinvolgimento esterno da parte della Democrazia Cristiana? A queste ed altre domande risponde il professor Giuseppe Parlato nel suo nuovo libro La Fiamma dimezzata. Almirante e la scissione di Democrazia Nazionale (Luni, Milano 2017) che è stato recentemente presentato presso la Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice a Roma.

Tra gli intervenuti Gianni Scipione Rossi, giornalista e saggista nonché vicepresidente della Fondazione, che ha evidenziato come Parlato dimostri efficacemente che la Dc non aveva all’epoca alcun interesse a finanziare una scissione di missini “moderati” né e a foraggiare la nascita di un partito di centrodestra. L’unico intento della Balena bianca era infatti quello di riportare il Msi su percentuali contenute.

Marco Gervasoni, ordinario di Storia contemporanea all’Università del Molise, ha poi sottolineato che “nella prima parte del libro si parla di storia missina, onde mettere in evidenza gli antefatti della scissione”. Il professore ha quindi ricordato che negli anni Settanta il MSI fu vittima di una magistratura politicizzata, che insisteva nel metterlo fuorilegge anche se sarebbe stato controproducente. Fatto questo di cui si accorsero invece i comunisti, anche perché oltretutto avrebbe costituito un precedente pericoloso pure per l’estrema sinistra e si sarebbe creato un movimentismo extraparlamentare difficilmente controllabile.

Di notevole interesse, per comprendere la scissione demonazionale, l’ampio preambolo che l’autore del volume ha dedicato al percorso missino dal ’69 in poi, con particolare attenzione alla figura di Almirante. A proposito dei sostenitori della scissione, il professor Parlato ha ribadito che alla Dc faceva comodo un Msi “muscolare e nostalgico”. Ed ha aggiunto che il nostalgismo era l’unico vero collante del variegato mondo missino, su cui incombeva la spada di Damocle della ricostituzione del Pnf.

Ricollegandosi poi alla definizione del Msi come “partito di credenti”, Parlato ha ricordato l’editoriale di Almirante sul Secolo d’Italia del 24 dicembre 1976, in cui denunciò la scissione appellandosi ai credenti, di fronte ai quali ammise di non essersi accorto che una serpe covava in seno ai vertici del partito. La risposta della base fu di fedeltà assoluta e l’esperienza di Dn sarebbe stata clamorosamente bocciata alle urne portando alla rapida dissoluzione del partitino. D’altro canto 1975 e 1976 sono gli anni in cui prese corpo il compromesso storico, che spiazzò un Msi in precedenza decisivo nella fiducia ad alcuni governi e nell’elezione di Presidenti della Repubblica. Ancora una volta, però, un’apertura della Dc a sinistra corrispose ad una crisi nel Msi: “La risposta di Almirante in aula fu identitaria – spiega Parlato – in quanto votò contro il compromesso storico senza prestare il fianco al tatticismo, per cui un voto favorevole missino avrebbe garantito la maggioranza senza i comunisti, i quali avevano assicurato la ‘non sfiducia’ solo se fossero stata determinanti”.

Stimolato dagli interventi dell’appassionato pubblico, l’autore del corposo saggio (320 pagine) ha aggiunto che “la DC era tutt’altro che monolitica, ma la dialettica correntizia ha sempre scongiurato le scissioni: onnicomprensiva come il fascismo, la Balena bianca fu un partito a vocazione maggioritaria, con le caratteristiche politologiche del catch all party”.

Nell’ambiente missino, invece, già al congresso dell’EUR del 1973 c’erano state velleità scissioniste poiché De Marzio non sopportava l’arroccamento nostalgico ed il “rancore dei vinti”: anche Alcide De Gasperi nel 1952, dopo aver incontrato una delegazione missina, aveva compreso che in quel partito l’emotività contava più della ragione. Che poi ci fossero stati contatti dei servizi segreti statunitensi con esponenti missini, oggi è acclarato, ma all’epoca la base ne era all’oscuro e viveva nel mito di Mussolini. Se la scissione diennina coinvolse esponenti della Cisnal (in primis Roberti, che era stato a lungo capogruppo alla Camera), non fu indenne nemmeno “l’attempato vertice dei giovani” (Pietro Cerullo, che aveva da poco rifiutato la vicesegreteria nazionale del partito, Massimo Anderson ed i fratelli Ruggeri), che fece una scelta riformista a discapito del velleitarismo rivoluzionario dell’ambiente giovanile. Anche a causa di questa emorragia “Almirante avrebbe dovuto pescare il quinto in classifica – ha concluso Parlato – per trovare un giovane di sua fiducia al quale affidare il Fronte della Gioventù”.

Lorenzo Salimbeni

 

 

Recensioni

Giovanni Tassani, Quando gli ex fascisti tentarono di diventare democratici,

______________________________

 
 

[/fusion_text][/fusion_builder_column][/fusion_builder_row][/fusion_builder_container]

Maria Ballarin, Il Trattato di pace 10 febbraio 1947 nei programmi e nei testi scolastici di storia (Leone Editore, 2017)

Giovedì 23 marzo 2017 è stato presentato il volume di Maria Ballarin, Il Trattato di pace 10 febbraio 1947 nei programmi e nei testi scolastici di storia, con prefazione di Giuseppe Parlato (Leone Editore, 2017).

Nel 1915 l’Italia entrò in guerra per annettersi il Trentino Alto Adige, una parte del Friuli e la Venezia Giulia. All’indomani del secondo conflitto quest’ultima regione venne quasi del tutto annessa alla Repubblica Federale di Jugoslavia in un modo così violento e traumatico da determinarne il pressoché totale spopolamento; i confini nazionali vennero sanciti solo nel 1975. Ma è soltanto dalla dissoluzione del confinante stato socialista nel 1995 che queste importanti vicende sono uscite dall’oblio a cui sono state colpevolmente condannate per mezzo secolo da una congiura del silenzio attuata da tutte le istituzioni del nostro Paese. Questo studio cerca di ricostruire le responsabilità del mondo culturale e scolastico italiano che hanno concorso a rimuovere dalla coscienza collettiva nazionale una tanto significativa pagina della sua storia.

Intervento a cura di: Maria Ballarin, Michele Pigliucci (Presidente nazionale del Comitato 10 Febbraio) e Lorenzo Salimbeni (Segretario del Comitato scientifico del Comitato 10 Febbraio).

 

  

Silvio Berardi, Il socialismo mazziniano. Profilo storico-politico, (La Sapienza Università Editrice, 2016)

 

Mercoledì 25 gennaio 2017, nell’ambito degli incontri “Un libro, un autore, tra storia e attualità”, è stato presentato il volume di Silvio Berardi, Il socialismo mazziniano. Profilo storico-politico, (La Sapienza Università Editrice, 2016).

Nel 1908, per la prima volta, il pensiero e l’opera di Giuseppe Mazzini trovarono una compiuta interpretazione socialista. Il saggio del sindacalista rivoluzionario Alfredo Bottai mirava, infatti, a conferire una diversa prospettiva al magistero del patriota genovese. Egli si prefiggeva, con il suo scritto, di affermare l’esistenza di un socialismo italiano interclassista, fondato sull’associazionismo, che traeva le sue origini dai padri del Risorgimento democratico, sorto quando Karl Marx non aveva ancora posto le basi del suo socialismo scientifico. Il lavoro di Bottai incontrò molteplici consensi all’interno del Partito Repubblicano Italiano e numerosi suoi esponenti, ancor prima dell’inizio dell’età fascista, si prodigarono per l’attuazione dei punti programmatici in questo contenuti. Soltanto, però, all’indomani della seconda guerra mondiale, il socialismo mazziniano poté trovare una organica teorizzazione scientifica grazie all’opera di Giulio Andrea Belloni, segretario del Pri nel 1946 e fondatore della rivista «L’Idea Repubblicana». Belloni divenne il leader indiscusso della sinistra repubblicana, ovvero dei socialisti mazziniani, i quali si proponevano la realizzazione di un terzaforzismo che riteneva improrogabile l’attuazione di un’integrale riforma agraria e lo sviluppo dell’azionariato operaio. Un terzaforzismo capace di coinvolgere anche tutti quei socialisti, come Gaetano Salvemini, disponibili alla nascita di una concentrazione laica, riformista e progressista, alternativa sia al Pci che alla Dc.

Interventi a cura di: Giuseppe Parlato (Presidente della Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice) e Gianmarco Pondrano Altavilla (Direttore del Centro di Studi Storici, Politici e Sociali Gaetano Salvemini di Napoli).

Silvio Berardi (1982) è Professore associato di Storia contemporanea presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università Niccolò Cusano di Roma. Tra i suoi volumi più recenti: Verso un nuovo Risorgimento. Il carteggio tra Arcangelo Ghisleri e Giulio Andrea Belloni (1923-1938).

 

  

Gianluca Barneschi, L’inglese che viaggiò con il re e Badoglio. Le missioni dell’agente speciale Dick Mallaby (Libreria Editrice Goriziana, 2013)

Sabato 14 gennaio 2017, nell’ambito degli incontri “Un Libro, un Autore, tra Storia e Attualità”, è stato presentato il volume di Gianluca Barneschi, L’inglese che viaggiò con il re e Badoglio. Le missioni dell’agente speciale Dick Mallaby (Libreria Editrice Goriziana, 2013).
Il volume ricostruisce i retroscena dell’8 settembre 1943, con particolari inediti affiorati attraverso la misconosciuta storia di Dick Mallaby. L’agente britannico appare misteriosamente a bordo della corvetta Baionetta che portò in gran segreto, da Roma a Brindisi, la famiglia reale e Pietro Badoglio nel settembre del 1943. Come è possibile che un inglese facesse parte di una comitiva così esclusiva? È da questa domanda che Barneschi sviluppa la sua ricerca storiografica, scoprendo, a poco a poco, che in realtà Mallaby, membro del segretissimo Special operations executive (S.O.E.), fu testimone e protagonista di due dei più rilevanti episodi della storia della Seconda guerra mondiale in Italia. L’agente del S.O.E. divenne, infatti, il trait d’union fra italiani e Alleati nelle trattative per l’armistizio del settembre del 1943 e, nel febbraio del 1945, riuscì a convincere il capo delle S.S. in Italia, Karl Wolff, a intraprendere i colloqui segreti per quella che sarebbe divenuta la famosa “resa degli ottocentomila”.

Introduzione a cura di: Giuseppe Parlato (Presidente della Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice).