di Matteo Antonio Napolitano
//Secondo quanto scritto da Gisella Longo, «ancora oggi appare difficile dire se vi sia stata una idea d’Europa privilegiata dal fascismo». Questa significativa affermazione deriva non solo dalla complessità del tema, ma anche dall’atteggiamento non sempre chiaro e costante del regime nei confronti dello stesso. Ad ogni modo, sottolinea sempre la Longo, l’argomento «non fu trascurato e […], nel sia pur minimo spazio riservatogli, emersero a volte elementi di estremo interesse per cogliere la complessità dell’atteggiamento fascista rispetto all’assetto internazionale». Una parte di questa complessità di approccio risiede anche nella ricezione di alcuni aspetti dell’europeismo di Gian Domenico Romagnosi.
In un articolo datato 5 gennaio 1921, precedente quindi di circa due anni rispetto all’arrivo di Mussolini al potere, con l’eredità ancora molto viva del primo conflitto mondiale e nel clima delle discussioni sulle conseguenze dello stesso, Sergio Panunzio – in quel periodo, come ravvisabile dalla firma posta in fondo all’articolo, libero docente di filosofia del diritto presso l’Ateneo bolognese – analizzò, tra le pagine del quindicinale «La Vita Internazionale», l’interessante e contestualizzato tema de La Società delle Nazioni nel pensiero di Romagnosi.
Nella parte finale del breve scritto, Panunzio mise in forte evidenza quanto in Romagnosi fosse forte l’elemento nazionale, ma anche come, al contempo, persistesse nella sua elaborazione una particolare attenzione ai legami tra le nazioni, frutto di una maturità conseguita nel costante progredire sulla via dell’incivilimento:
«nessuno scrittore – chiarì Panunzio – […] più e meglio del Romagnosi ha sostenuto […] il concetto “giuridico” di Nazione; ma non esclude che oltre la Nazione possano generarsi e determinarsi, per effetto del processo dell’incivilimento, rapporti e vincoli di comunicazione fra Nazione e Nazione».
Ad ogni modo, i vincoli e i rapporti generici tra le nazioni, sottolineati nel lavoro di Panunzio, in Romagnosi trovarono una loro specificità soprattutto nel contesto europeo, in particolare nella dimensione coesiva dello stesso.
Nelle parole dell’intellettuale salsese ritroviamo infatti il caso peculiare dell’Europa, chiamata a dare una forma più complessa e definita alla sua unità:
«la conformazion geografica e quindi morale e politica dell’Europa, nella quale la natura sembra chiamare le nazioni a formare una grande famiglia unita per comunione d’interessi economici morali e politici, i progressi della coltura interna, del commercio esterno che sospingono incessantemente alla moralità, e ad un regime equo, ed alla pace tra di loro, sono pure cagioni possenti a prepararle or più or meno al governo della ragione. La forza quindi dell’opinione, e degli interessi degli stati inciviliti diviene ogni giorno più la forza delle genti europee».
Il saggio integrale in “Annali della Fondazione Ugo Spirito”, a. 2019, n. 1, nuova serie, a. XXXI, pp. 207-225.