Giovedì 10 maggio 2012, nell’ambito degli incontri Un libro, un autore, tra storia e attualità, è stato presentato il volume di Vincenzo Pirro, Regnum hominis. L’umanesimo di Giovanni Gentile (a cura di R. Stopponi, Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice/Cooperativa Nuova Cultura, Roma 2012).
Nel saluto introduttivo, Giuseppe Parlato ha sottolineando come la Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice sia stata lieta di pubblicare, con il contributo della Fondazione Carit, questo volume postumo di Vincenzo Pirro, allievo di Ugo Spirito e studioso vicino alla Fondazione che ne porta il nome.
Alla presentazione hanno partecipato il curatore del volume, Roberto Stopponi, allievo di Ugo Spirito e Guido Calogero, e Rodolfo Sideri, docente di Storia e Filosofia presso il Liceo Classico “M.T. Cicerone” di Frascati.
Sideri ha evidenziato come il libro si caratterizzi per una lettura che si colloca nel quadro della “destra” gentiliana, nel solco di pensatori come Augusto Guzzo, Armando Carlini, Vito Fazio- Allmayer, Michele Federico Sciacca, vale a dire pensatori che hanno letto Gentile in direzione della trascendenza, cercando di conciliare il finito con Dio. Laddove una lettura di “sinistra” ha invece caratterizzato figure come Guido Calogero e Ugo Spirito, che hanno guardato alla filosofia gentiliana con più interesse per i problemi concreti.
Il libro di Vincenzo Pirro si presenta come una lettura religiosa di Gentile per tre ragioni. La prima è che si concentra sulla riforma religiosa auspicata da Gentile, la seconda è costituita dalla profonda pietas con la quale l’autore legge Gentile, la terza è che ci restituisce l’intima connessione tra religione e politica nel pensiero gentiliano.
Prendendo la parola, Roberto Stopponi ha ripercorso l’itinerario scientifico di Vincenzo Pirro, spiegando come il problema di fondo del volume sia costituito dal tentativo di capire il rapporto tra Gentile e la religione soprattutto nell’ultima parte della sua vita, contraddistinta dalla conferenza tenuta a Firenze del 1942, dal titolo “La mia religione”, in cui il filosofo affermò la sua identità cattolica, e poi dalla scrittura del capitolo tredicesimo di Genesi e struttura della società, in cui parla di un soggetto che conquista l’eternità nella trascendenza, superando quindi i suoi caratteri anagrafici e immergendosi nell’assoluto.