Giovedì 2 dicembre 2010, nell’ambito dei volumi che hanno per oggetto il 150° della creazione dello Stato italiano è stato presentato il libro di Giordano Bruno Guerri, Il sangue del Sud. Antistoria del Risorgimento e del brigantaggio 1860-70, (Mondadori, 2010).
L’incontro è stato introdotto da Giuseppe Parlato che ha evidenziato come la celebrazione della creazione dello Stato italiano dovrebbe rappresentare l’occasione per superare le fratture che hanno segnato la storia del nostro Paese, senza escluderne alcuni protagonisti. Tra questi protagonisti esclusi vi sono i briganti, cui è dedicato il libro di Giordano Bruno Guerri.
L’Autore ha dunque ricordato come il brigantaggio esiste sottoforma di banditismo già dal XVI secolo, ma dopo la creazione dello Stato italiano presenti connotati diversi. Dopo il 1861 le popolazioni dell’Italia meridionale avvertirono infatti l’unificazione con il Regno di Sardegna come un processo di annessione. Le motivazioni furono molteplici. Innanzitutto l’arrivo di Garibaldi fu accompagnato dalla promessa di spezzare il latifondo e dare le terre ai contadini, ma la promessa fu presto disattesa, suscitando il malcontento dei contadini.
Inoltre, l’unificazione con il Regno di Sardegna fu accompagnata da un forte aumento delle tasse e da una leva militare molto dura (sei anni). Per queste ragioni scoppiò quella che Guerri definisce una “guerra civile”, a causa dell’alto numero di morti registrati da entrambe le parti (l’esercito italiano ebbe 8.000 caduti, più di quelli riportati in tutte e tre le guerre di indipendenza, mentre i morti del sud, non calcolabili, potrebbero essere stimati sulle 100.000 unità).