Giovedì 29 ottobre 2009 è stato presentato nell’ambito dei Giovedì della Spirito il volume di Aldo Giovanni Ricci e Pino Bongiorno, La rinascita dei partiti in Italia. 1943-1948 (Fondazione Ugo Spirito/Edizioni Nuova Cultura, 2009).
Ha introdotto l’incontro Giuseppe Parlato – presidente della Fondazione Ugo Spirito – che ha sottolineato come questo lavoro rappresenti il ritorno ad una “storia dei partiti” che mancava da molto tempo, dopo la ricca stagione degli anni Settanta. Parlato ha poi richiamato l’attenzione sugli elementi di interesse del volume: la lettura del periodo di transizione dal fascismo al post-fascismo effettuata dal punto di vista interno dei partiti; il ruolo centrale giocato dai partiti politici già nella fase costituente, che preannuncia il loro potere dopo il 1948; il plasmarsi di questi partiti sul modello del “partito tutto” fascista.
Ricollegandosi all’introduzione di Parlato, l’Autore ha affermato che “il momento migliore per scrivere una storia dei partiti è proprio ora che i partiti non esistono più”. Ricci ha dunque riassunto il contenuto del suo lavoro, chiarendo di aver circoscritto l’analisi al periodo 1943-48 proprio perché è quello della strutturazione del sistema di partiti destinato a dominare la scena politica italiana per quasi mezzo secolo. Ha poi spiegato che l’espressione “rinascita” dei partiti trova la sua ragion d’essere nel fatto che la maggioranza dei protagonisti di questa fase ha radici nell’Italia prefascista (PLI, PSI, PCI e DC, che si ricollegava all’esperienza del Partito Popolare) con alcune novità come il Partito d’Azione, l’Uomo Qualunque e i partiti di destra (monarchici e MSI).
Tuttavia, dopo l’esperienza fascista a dominare la scena furono (e non potevano che essere) i tre grandi partiti di massa (socialista, comunista e democristiano) che contrapponendosi alla concezione liberale lavorarono congiuntamente per plasmare uno Stato “pesante”, contraddistinto da una costituzione programmatica con le caratteristiche necessarie all’affermazione di una “repubblica dei partiti”: la debolezza degli esecutivi, che ne favoriva il controllo da parte dei dirigenti di partito, e la mancanza di una regolamentazione della vita dei partiti stessi.