Giovedì 7 maggio 2009, la Fondazione Ugo Spirito ha ospitato la presentazione del volume dello storico Eugenio Capozzi (docente di Storia contemporanea presso l’Università degli Studi “Suor Orsola Benincasa” di Napoli) Il sogno di una costituzione. Giuseppe Maranini e l’Italia del Novecento (Il Mulino, 2008).
L’appuntamento è stato introdotto da Stefano De Luca (docente di Storia delle Dottrine Politiche presso l’Università degli Studi “Suor Orsola Benincasa” di Napoli).
La figura del politologo Giuseppe Maranini viene tratteggiata da Capozzi alla luce del suo dato biografico: un uomo che ha attraversato varie esperienze nell’Italia del Novecento, dall’attivismo socialista del padre nella Trento ancora sotto il dominio asburgico all’interventismo nella Grande Guerra; dall’avventura giovanile a Fiume con D’Annunzio alla carriera accademica durante il ventennio fascista nell’ambito della Facoltà di Scienze politiche di Perugia.
Il dopoguerra – quindi – con l’epurazione e la riabilitazione, la critica alla partitocrazia e le esperienze politiche con Randolfo Pacciardi. Maranini rappresenta dunque – per Capozzi – una rara eccezione nel panorama politologico italiano: uno dei pochi pensatori ad aver affrontato con franchezza la mancanza di una discussione aperta sulle cesure costituzionali che l’Italia del Novecento ha attraversato. Il trapasso dal regime liberale a quello del suffragio universale, il trauma della Grande Guerra e quindi l’avvento del fascismo. La sconfitta, la guerra civile e la nascita della Repubblica con la nuova costituzione antifascista, sono tutte rotture traumatiche mai davvero metabolizzate dalla nazione e dalla sua classe intellettuale e politica, che ha sempre evitato un reale dibattito sui principi costituzionali alla base delle varie costituzioni formali e materiali che si sono succedute.
Nonostante le varie fasi attraversate da Maranini, Eugenio Capozzi identifica nel suo pensiero una “idea fissa”, quella della cornice di diritto pubblico che costituisca non un mero fatto formale ma sostanziale e legato alle contingenze sociali, culturali ed economiche di una nazione. Per questo Maranini sarà un intellettuale integrato – ma non organico – al regime fascista, del quale coglierà la necessità come difesa dello Stato dalla disgregazione minacciata dal bolscevismo, e nel dopoguerra si dichiarerà nemico della costituzione del ’48, nella quale vedeva una carta solo formale, incapace di contenere il parlamentarismo. Una presa di posizione che subirà una brusca inversione di marcia allorché – durante la presidenza della Repubblica di Gronchi (1955-1962) – Maranini appoggerà apertamente le tesi del presidente per una totale applicazione degli articoli della Carta nel senso di rafforzamento dell’esecutivo. Rafforzamento delle prerogative presidenziali e obbligo di sfiducia costruttiva rappresentavano per Maranini la via per trasformare una costituzione formale in una sostanziale. Gli ultimi anni della vita di Maranini lo vedono protagonista di una breve esperienza accanto al movimento Nuova Repubblica di Randolfo Pacciardi.