Filippo Tommaso Marinetti
La sua è una vita da incendiario, da rivoluzionario in servizio permanente. Filippo Tommaso Marinetti (1876-1944), padre del Futurismo, è un agitatore culturale, uno sperimentatore, un interprete originale e innovativo del suo tempo.
Borghese in odore di scioperato snobismo, premiato da una fortunata eredità familiare, personaggio apparentemente caricaturale con tanto di papillon, bombetta e baffi all’insù, da dandy eccentrico e sottaniere, è in realtà uno sfrenato profeta del modernismo che rifiuta la cultura passatista del conformismo e predica progresso, tecnologia, industrializzazione, vita metropolitana, velocità: tutto ciò che svecchia il mondo e lo proietta nel futuro.
Poeta, romanziere, saggista, editore, Marinetti è un provocatore, un seduttore, un motore di cultura, capace di produrre un forte dinamismo intellettuale. Uomo di avanguardia, la interpreta come un atto di rivendicazione di libertà: di dissacrare, liquidare il passato, l’ordine razionale e le gerarchie, sperimentare, creare, sprovincializzare, vivere nell’esaltazione del nuovo, penetrare nella vita con le pulsioni istintive e creative dell’arte.
Il 20 febbraio 1909 Marinetti pubblica sul “Figaro” il Manifesto del Futurismo, la sintesi ideologica in 11 punti degli artisti che vogliono ricostruire il mondo. Il Manifesto esalta “l’aggressività, l’amore del pericolo, l’energia e la temerarietà, il coraggio e la ribellione come elementi essenziali della poesia, la lotta, la bellezza della velocità, la guerra sola igiene del mondo”. Sono professioni di idee forti, di una violenza travolgente e dissacratoria, una dichiarazione di guerra ai sentimentalismi (“Uccidiamo il chiaro di luna”), una scossa tellurica letteraria e artistica, destinata a diventare costume di vita.
Il Manifesto viene letto e dibattuto in tutta Europa. Con Marinetti si schierano nomi importanti come Boccioni, Carrà, Balla, Severini, Sironi, Depero, Palazzeschi. Negli anni Dieci e Venti cambia l’arte e si trasforma il rapporto arte-società. Il Futurismo affascina i giovani con il suo linguaggio anticonformistico, il coraggio di un pensiero pericoloso, la forza di liberarsi dalla falsa tradizione, di spezzare l’ovvio, bucare il banale, rovesciare gli stereotipi. L’individualismo, la spregiudicatezza, l’ideologia antidemocratica, il nazionalismo predicati dai futuristi diventano i connotati di un’epoca. Marinetti, che vive a Parigi, suo palcoscenico, e a Milano, officina della sue idee, scrive, pubblica, parla, seduce belle signore, aderisce al fascismo (ma sarà ostile ai nazisti e alle leggi razziali), si arruola volontario in tutte le guerre della sua stagione (a 66 anni va con l’Armir in Russia) da quell’uomo d’arte e d’azione che è.
Torna dalla Russia stanco e malato. Aderisce alla Repubblica sociale. Muore di un arresto cardiaco a Bellagio, il 2 dicembre 1944. Di questo anarchico, scheggia impazzita che segna vent’anni di pensiero artistico in Italia e in Europa, Giordano Bruno Guerri racconta la vita, restituendoci il suo spirito d’avventura, il patrimonio di idee, le contraddizioni. E lo fa in una biografia appassionata, dedicata all’uomo che “ci ha fatto entrare nella modernità”.
MARCO INNOCENTI
In «Il Sole24ore», 6 febbraio 2009